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Dannate parole
Il libro racconta la storia di una diciassettenne dall'infanzia scombussolata, cresciuta in una situazione famigliare disdicevole: i suoi genitori sono divorziati e per questo motivo vive in casa della madre, che non si dimostra molto presente, così come il padre, un importante avvocato, il più bravo della città, maestro della retorica e campione indiscusso di arringhe. La ragazza, Megan, è da qualche mese in cura da uno psicologo che a parer suo non è molto efficiente e perciò ha poca fiducia che un percorso con lui possa essere proficuo.
Un giorno (il libro incomincia proprio con questo scenario) ad accoglierla per la solita seduta non è il suo psicologo bensì un uomo un po’ più giovane, dall'aria rassicurante e persuadente, che si presenta dichiarandosi un sostituto momentaneo. Qui Megan affronta tutto il rancore e la rabbia accumulata, il nuovo terapeuta allora la obbliga a mettere per iscritto quello che prova: il risultato finale è la stesura di due lettere rivolte ai genitori, i principali artefici di tutta quella rabbia; loro stessi ne scopriranno l'esistenza poco dopo aver realizzato la scomparsa della loro figlia.
Ho apprezzato come l'autore abbia voluto esaltare nella morale l'importanza e la valenza delle parole, le quali sono tutto ciò che ha permesso il susseguirsi della vicenda, e anche la conclusione.
Di primo impatto l’impressione che ho avuto non è stata molto positiva: l’ autore usa spesso dei “gerghi giovanili” per sottolineare il fatto che stesse parlando una diciassettenne, ed è una scelta stilistica rispettabile. Quando però diventa troppo evidente, troppo falsa, troppo superficiale, insomma quando è troppo si percepisce e non fa piacere. Forse la prendo un po’ troppo sul personale,dato che mi avvicino molto all'età di Megan, ma è davvero un sassolino che dovevo togliermi dalla scarpa. Il risvolto positivo della storia è a parer mio la scoperta da parte della famiglia di Megan (e di Megan stessa) di un affetto reciproco silenzioso e lento, ma anche rivelatore.
Con questo non voglio alludere al finale né in maniera negativa né nel lieto fine, perché di principio non si riferisce mai la conclusione di una storia senza viverla, soprattutto quanto si parla dei gialli. E’ un libro che sento di consigliare nonostante il mio giudizio sia piuttosto altalenante. Come ho già detto, la trama è geniale, la forma un po’ meno, ma nel complesso non è stata una sgradevole lettura. Quindi se lo avete per mano, o in qualche modo vi trovate a leggerlo, non fermatevi alle perplessità che le prime pagine vi potrebbero regalare, piuttosto concedetegli la possibilità di essere compreso, oltre la forma, che a volte inganna.
Ah, le dannate parole.