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Giocare a Fort Alamo
Elefante a sorpresa di Joe R. Lansdale è l’ennesima avventura del binomio Hap e Leonard, questa volta alle prese con una ragazza albina, alla quale la malavita ha tentato di tagliare la lingua.
La povera ragazza ha infatti assistito a un omicidio e i sicari prezzolati da un potente delinquente (“Wilson Keith era mellifluo quanto letale, e aveva l’anima di un piranha, ma con meno compassione”) tentano di farle la pelle.
Il romanzo è azionismo allo stato puro: Hap e Leonard soccorrono la ragazza, la portano all’ospedale (“Leonard… era scivolato giù per le scale con la ragazza e ora partiva di gran carriera, spingendo la sedia a rotelle lungo l’atrio”), ma lì viene stanata dai killer e allora i due detective la sottraggono alle grinfie dei persecutori e, dopo una fuga rocambolesca, si asserragliano in un rifugio improvvisato (“Stanno dando l’assalto a una stazione di polizia. È assurdo”).
A rincarare la dose ci si mettono le condizioni atmosferiche (“In un turbinio di foglie e rami, pioggia e fango”), così frequenti nei luoghi (“Siamo nel Texas orientale, tesoro. Capita spesso”), che esaltano il clima da puro far west (“Non ci resta che giocare a Fort Alamo”).
Umorismo nero (“Chiunque sia il cadavere di sopra, a lui è andata peggio”) e stile brutale ( “Leonard tirò fuori uno dei suoi proverbi preferiti: - Tu prova a mettere la speranza da una parte e la merda dall’altra, e vedrai dove penderà la bilancia”) completano il quadro di un romanzo a parer mio meno divertente dei precedenti della serie.
Giudizio finale – citazione: “Il segreto dell’umorismo è la sorpresa” (Aristotele). Cosa che, in questo romanzo e nonostante il titolo, non riesce bene a Lansdale…
Bruno Elpis
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