Dettagli Recensione
Non bisogna accettare palloncini dai pagliacci.
Tre parole chiave per IT: psichedelia, terrore, speranza.
Quando ero piccola il pagliaccio di McDonald’s non mi piaceva, lo trovavo inquietante.
Non riuscivo proprio a capire perché i bambini volessero addirittura farci foto assieme, con un cartonato, un pupazzo o uno sfortunato ragazzo che ne doveva indossare il costume.
Poi ho conosciuto Pennywise, il Clown Danzante, e mi sono convinta che non avevo tutti i torti.
A parte gli scherzi, chi guardando la prima versione cinematografica o anche quella più recente non ha pensato a Ronald McDonald? Lo stesso Stephen King suggerisce la somiglianza all’interno del romanzo (“se tutto questo fosse avvenuto solo qualche anno dopo, George avrebbe certamente pensato a Ronald McDonald prima che a Bozo o Clarabella”).
Mi sono sempre chiesta il perché King abbia deciso di identificare forse la sua creatura mostruosa più famosa con un pagliaccio, ma sicuramente ci ha azzeccato. Molte persone hanno il terrore dei clown, quindi forse è quello il motivo. IT è capace di incarnare le nostre più profonde e terribili paure, per cui non mi sono sorpresa più di tanto quando compariva nel racconto sotto forma di un pagliaccio con i bottoni arancioni.
La lettura del romanzo è stata lunga, a tratti pesante. Ammiro chi è riuscito a leggerlo tutto in poco tempo, io ammetto che ho faticato, e tanto. Non fraintendetemi, IT è un classico del genere horror che a mio parere va letto prima o poi. Sicuramente è una delle opere più riuscite di King, e lo dimostra sicuramente il fatto che Pennywise sia entrato nell’immaginario comune (anche chi non ha letto il libro e/o visto uno dei film sa chi sia).
Ho interrotto più volte la lettura del romanzo perché avevo bisogno di una pausa, avevo bisogno di leggere altro. E’ forse la prima volta che mi capita, tendo a divorare i libri che inizio a leggere, ma con questo non ci sono proprio riuscita.
Detto questo, sicuramente lo consiglio. Non voglio dilungarmi sulla trama, mille pagine di romanzo sono piuttosto difficili da riassumere in una recensione.
Penso che leggerò ancora IT in futuro. Sono sicura che l’interpretazione che ho dato al racconto, a ogni singolo personaggio, al Maine (credo che a furia di leggere i racconti di King non vorrò mai andare in questo stato americano) saranno diverse in futuro. Interpreterò sicuramente in maniera diversa i concetti di amicizia, di promessa, di paura, tutti alla base di questo romanzo.
Allora, che dire se non “buona lettura”? :)
“L’odio era un novità. Il dolore era una novità. Sentirsi ostacolato nei proprio proponimenti era una novità. Ma al verità più terribile era quella paura. Non paura dei bambini, perché quella era una paura ormai passata, ma la paura di non essere solo”.