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un Lansdale più intimo e sentimentale
Ognuno di noi ha delle compulsioni. Una delle mie è l'impulso irrefrenabile che mi porta a leggere l'intera produzione di autori che mi colpiscono nel profondo e divengono quindi dei cult personali a prescindere. Uno di essi è Joe R. Lansdale, noto principalmente per la serie di Hap e Leonard, ma che nella sua copiosa produzione letteraria ci ha regalato delizie quali “La foresta” , “Paradise sky” , “Echi perduti”, “In fondo alla palude” ecc... Quasi tutti questi lavori sono ambientati nel Texas e narrano di uomini e donne degli strati sociali più bassi. Denominatori comuni sono anche l'avventura, il viaggio, la crescita durante la narrazione. Questo romanzo breve si discosta da questi canoni, nel senso che si tratta di una storia “semplice” anche se poi così semplice non è. Per spiegare questo elemento mi permetto di citare (non è mio costume ma è necessario per chiarire il concetto) come l'io narrante (è la stessa Dot a raccontarsi in prima persona) introduce la vicenda: “Potreste pensare che questa non sia una storia vera, perché una parte di essa contiene cose a cui è difficile credere, ma vi assicuro che non c'è niente di inventato, dall'inizio alla fine. Vi dirò la pura verità, dal principio alla fine. Vi dirò che i miei amici mi chiamano Dot, e che preferisco che i miei nemici non mi chiamino affatto. Si tratta di una grande avventura? Be', nessuno andrà sulla luna o scalerà una montagna altissima. Ma per me è un'avventura. È la mia vita quotidiana”. Il romanzo si fonda proprio sulla vita “normale” di Dorothy «Dot» Sherman, ragazzina coraggiosa che deve affrontare una situazione familiare che è un eufemismo definire difficile e complicata. Abita in una rulotte con il fratellino, la madre sfaticata (abbandonata dal marito che classicamente era uscito per acquistare un pacchetto di sigarette e non ha mai ritornato). Inoltre ha una sorella nella medesima condizione abitativa, che viene costantemente picchiata da un marito violento ed ubriacone. Dot conta quindi soltanto su se stessa, ormai in un certo senso rassegnata: ha smesso di studiare e lavora in un fast food come cameriera sui pattini. Si “difende” dalla vita anche menando le mani. Sogna di potersi finalmente affrancare, riprendendo gli studi e creandosi finalmente un futuro migliore. L'apparizione di Elbert, un tizio che dichiara di essere il fratello di suo padre e si fa ospitare nella roulotte di famiglia, costituisce un cambiamento. L'uomo infatti, di cui inizialmente la ragazza diffida, potrebbe essere chiunque. Emerge infatti che Elbert ha avuto alcuni episodi di piccola criminalità, ma con il passare del tempo conquista la fiducia della ragazza comportandosi correttamente e da vero “zio”, inducendo Dot a credere non dico a un futuro radioso, ma almeno alla possibilità di un possibile miglioramento. Un romanzo in un certo senso “minimalista”, ma tenero e in certi passaggi commuovente: chi è abituato alle scene di azione e alle scazzottate, ai delitti e ai repentini cambi di prospettiva tipici di Lansdale rimarrà forse un po' deluso, ma la carica di umanità dei personaggi supplisce abbondantemente. Alla fine non si può che augurare ogni bene a questa ragazza bella dentro e fuori.
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Buona lettura Emilio.
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