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"Cluedo fantasy"
Le sfumature con cui può essere confezionato un libro giallo sono pressoché infinite. Si può cercare l’azione da fiction o scandagliare la psicologia dei personaggi, dare spazio all’umorismo oppure all’ambientazione. Quello propostoci da Stuart Turton nel suo esordio letterario può essere considerato un vero e proprio rompicapo. Un gioco intellettuale dalle sfumature fantasy in cui il protagonista, intrappolato in una decadente magione inglese, è chiamato a rivivere per otto volte la stessa giornata, vestendo ogni giorno i panni di un diverso personaggio. A complicare ulteriormente le cose, la presenza di due rivali: solo al primo capace di scoprire la verità sulla morte di Evelyn Hardcastle sarà restituita la libertà; per gli altri il ciclo ricomincerà da capo, in una prigionia senza fine.
Non si può non complimentarsi con l’autore per aver saputo dare un tocco di originalità a questa proposta di genere, dando vita a un elaborato dalla complessità sbalorditiva. Numerosi i personaggi, alcuni dei quali vengono assunti come punto di vista della narrazione in prima persona. Articolata la trama, un castello di indizi e dettagli disseminati nell’arco di più di cinquecento pagine e incastonati in otto versioni diverse della stessa giornata. Difficile non perdersi in questo labirinto. Catapultato fin dall’avvio a seguire le mosse di un personaggio che non ricorda la propria identità e alle prese con una partita di cui non conosce le regole, il lettore si ritrova spesso a brancolare confuso nel buio, ponendosi domande che troveranno risposta solo dopo moltissime pagine. Basti pensare che serve quasi metà libro solo per conoscere il nome del protagonista. Forse perché, in fondo, il vero protagonista è il gioco in sè, una caccia all’assassino da combattere con le armi della logica, in cui niente è ovviamente come appare.
“Cosa c'era di vero in tutto ciò che ho visto qui il primo giorno? Qualcuno era forse chi dichiarava di essere? Come potevo sapere che si trattava solo delle posizioni di partenza in una gara a cui nessuno mi aveva detto che stavo partecipando?”
La buona riuscita di un romanzo, però, nasce da una miscela di molteplici elementi. Non basta tessere un solido intreccio, serve creare la giusta atmosfera e infondere emozione e spessore ai personaggi. In questo senso, a mio avviso, alla narrazione manca ancora qualcosa: quella marcia in più in grado di trasformare logiche mosse di pedine bidimensionali in vere e proprie storie, provocando così un coinvolgimento totale nel lettore. Altrimenti, rimane un bel gioco - peculiare, sorprendente, ingegnoso - ma pur sempre un gioco.
“- Se ha il potere di liberarmi, perché non lo fa e basta, accidenti a lei? Perché perdere tempo con questi giochetti?
- Perché l'eternità è noiosa. O forse perché ciò che conta è giocare. Lascerò a lei il compito di rifletterci sopra"