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Scala di gialli alla Christie - 1
Agatha Christie ha il dono di una scrittura limpida e cristallina, senza ornamenti, ma sempre garbata, essenziale e composta, capace di riconciliare anche il lettore più stanco con la letteratura e, direi, con la vita. Certo si parla sempre di omicidi e delitti, ma la ricomposizione finale, l’idea di un narratore che accompagna saldamente il lettore nell’impervio ginepraio dell’assassinio, hanno un magico potere taumaturgico. Specialmente qui, lontani dai sinistri bagliori di libri magistrali come “Dieci piccoli indiani” e “Assassinio sull’Orient-Express.
La forza di questo romanzo è la genialità lucidissima della trama: un eccentrico e mefistofelico signore invita a cena, in una casa che ricorda gli arredamenti dannunziani, quattro “segugi del crimine”, tra cui il solito Poirot e quattro individui che, invece, hanno già ucciso, ma sono rimasti impuniti. Mentre i personaggi sono impegnati in una accanita partita di bridge, il proprietario viene silenziosamente ucciso. Una sfida audace per i quattro investigatori e contemporaneamente l’idea di un’urgenza omicida di sfuggente giustificazione. Il romanzo si dipana ordinatissimo alla ricerca di quei delitti sepolti e di una accuratissima indagine psicologica dei personaggi, uno studio della mente e dei caratteri davvero appassionante che sembra l’unica strada per capire il colpevole. Qualcuno che ha ucciso un tempo, che ha ucciso ora e che è pronto a farlo ancora.
Agatha Christie scrive un romanzo tesissimo, che diventa quasi spasmodico nelle pagine finali. La soluzione, forse, si intravvede, ma le carte si mescolano continuamente tra bluff e rilanci, cadute e rinascite, che confondono continuamente le idee. Eppure il vero colpo di genio è l’introduzione di un personaggio, quello di una celebre scrittrice di gialli, alter ego della scrittrice: è lei che disvela, ironicamente, i meccanismi nascosti delle trame poliziesche, che smonta la superbia proverbiale di Poirot e che infrange la quarta parete dell’autore-tessitore-d’inganni. Un libro che trova il giusto equilibrio tra caratterizzazione, intreccio e contenuti e che non nega la sua appartenenza alle opere migliori della scrittrice. Per chi si intende di bridge, un’occasione per provare a dedurre la vita dal gioco e per gli appassionati di gialli un’occasione meravigliosa per entrare nell’officina creativa della scrittrice. Ingiustamente poco apprezzato.