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Caccia spietata ad un presunto killer.
“La Terre des Morts” (titolo originale) sarebbe forse più calzante per caratterizzare un romanzo cupo, grondante sangue, crudo come questo di uno smagliante Jean-Cristophe Grangé, giornalista, sceneggiatore e soprattutto scrittore di thriller indimenticabili: basti ricordare “I fiumi di porpora” del ’98, per la cui trasposizione cinematografica l’autore ha vinto nel 2007 il Premio Grinzane Cinema. La storia è avvincente e non ha momenti di tregua, protagonista un poliziotto, Stephan Corso, tormentato da problemi familiari e con un passato burrascoso, che riaffiora a tratti, ostacolando la sua attività investigativa. Una serie di delitti raccapriccianti avvengono nel torbido mondo dei locali notturni, in ambienti sadomaso dove si pratica sesso estremo, si aggirano personaggi violenti e la fanno da padroni killer professionisti e stupratori seriali. Uno di questi, Philippe Sobieski, già condannato anni prima per un l’assassinio di una giovane ed in seguito diventato famoso negli ambienti artistici parigini per la sua straordinaria abilità pittorica, è sospettato come autore dei crimini. Il nostro investigatore indaga a fondo, non gli dà tregua: di qui, una serie incalzante di vicende a tinte forti, con continue schermaglie e colpi di scena a ripetizione. Altri cadaveri vengono scoperti, altre prove di colpevolezza, ma il bandolo della matassa s’aggroviglia sempre di più. La soluzione degli enigmi avviene nella concitata terza parte del romanzo, una soluzione del tutto inaspettata che accomuna, e qui sta la grande abilità dello scrittore, tutti i principali personaggi (vittime, investigatore, presunti assassini e addirittura un avvocato difensore) sotto un unico denominatore. E ritorna la genetica, già tirata in ballo da Grangé in altre sue opere. Il romanzo è avvincente, perfetta l’ambientazione nella Parigi grigia e nebbiosa dei locali proibiti, dove qualsiasi incontro può essere pericoloso. Lo stile è tagliente e preciso, i capitoli brevi e incisivi. La crudezza della vicenda è ammorbidita, nel finale, dalla soluzione della tormentata storia familiare del bravo investigatore: potrà riavere in affido suo figlio Thaddée, unico vero affetto della sua vita.