Dettagli Recensione
Tragico e terrificante
Se non ricordo male, lo stesso Stephen King definisce il suo "Pet Sematary" come uno dei libri più spaventosi da lui scritti. Ora, non so dire se sia realmente tra i più spaventosi, ma tra quelli che ho letto è sicuramente uno di quelli più tragici (insieme a "Il miglio verde"). Una lettura non facile, dunque, che presenta senza mezze misure eventi davvero devastanti, che potrebbero facilmente distruggere la psiche di un essere umano e gettarlo in un oblio senza via di uscita. Questo implica il trattamento di temi piuttosto spinosi e difficili da digerire, su tutti la morte; che da quando siamo sulla Terra è di certo la cosa che accettiamo meno facilmente: sia per quanto riguarda la nostra, sia quando si parla della morte di qualcuno che ci è caro, sia esso un animale o una persona. La domanda che sorge durante la lettura è: se dovessimo perdere una persona cara e ci venisse concessa la possibilità di riportarla indietro, ma quella persona non fosse più del tutto sé stessa e anzi mostrasse istinti aggressivi e malvagi, lo faremmo?
Lo stile del Re è quello dei tempi d'oro, capace di tenere in tensione e trasmettere perfettamente gli stati d'animo dei personaggi (in particolare del protagonista), che si ritrovano in mezzo a vicissitudini da brivido; travolti da tragedie inaspettate che cambieranno radicalmente la loro vita.
Tutto ha inizio quando la famiglia Creed (quattro persone più il gattino Winston Churchill) si trasferisce in una casetta nel Maine, alle cui spalle si estende una foresta dove risiede il "Cimitero degli animali", nel quale tutti i bambini del paese portavano a seppellire i loro animaletti tanto amati.
Macabro, ma finora tutto normale, fino a quando il nuovo vicino di casa non presenta al nostro protagonista (Louis) un luogo piuttosto speciale: una specie di cimitero indiano che si nasconde non lontano dal Pet Sematary, che pare essere in grado di riportare indietro chi ci ha lasciato.
Ma con uno spaventoso prezzo da pagare.
"Probabilmente sbaglia chi crede che vi sia un limite all'orrore che la mente umana può sperimentare. Al contrario, per quanto possa dispiacere ammetterlo, l'esperienza umana tende, per molti aspetti, a confermare che, quando l'incubo diventa sufficientemente cupo, orrore dà origine a orrore, un male fortuito genera altri e spesso più deliberati mali, finché la tenebra sembra ricoprire tutto. E l'interrogativo più agghiacciante potrebbe essere, forse, quanto orrore la mente umana può sopportare pur conservando un equilibrio vigile, attento, implacabile."
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