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Se sogno, sogno ciò che mi viene vietato
A Giverny, alta Normandia, Jerome Morval medico rinomato oftalmologo, viene trovato riverso sulle rive del piccolo ruscello dell'Epte che attraversa il paese con il cranio fracassato e chiari segni di accoltellamento.
Pochi gli indizi che possano lasciar intuire un possibile movente, motivo per cui l'ispettore Serenac ed il suo vice Benavides brancolano nel buio senza il minimo sospetto verso un plausibile omicida. Nessun testimone sulla scena del delitto solo una cartolina di auguri nella giacca del medico, per un compleanno di 11 anni, con sopra una frase strappata dalla pagina di un libro ed incollata sulla cartolina: 'Acconsento che si instauri il delitto di sognare.'
Mai come per questo romanzo, ogni parola in più potrebbe essere rivelatrice di una trama solo apparentemente lineare e poco tortuosa che invece si paleserà nelle ultime pagine in tutta la sua ineccepibile ingegnosità ed originalità, a riprova del talento dell'autore Michel Bussi nel genere giallo poliziesco confermato anche dal successo di pubblico e critica dei romanzi successivi.
Ma non è solo il finale ben congegnato l'unico punto di forza di Ninfee nere.
Come molti forse già sapranno, Giverny è anche la città di Claude Monet, considerato uno dei padri dell'impressionismo francese, che proprio in questa piccola cittadina trascorse gran parte della sua vita sino alla morte avvenuta nel 1926. Ed è proprio dalla sua casa a Giverny, oggi importante museo che espone gran parte delle sue opere attirando ogni giorno migliaia di turisti, che il grande maestro dipingeva le sue famose ninfee, ritraendole in modo quasi ossessivo da varie angolazioni e in diversi momenti della giornata per coglierne tutte le possibili e cangianti sfumature di colore. Qualsiasi colore tranne il nero che per Monet era assenza di colore: una leggenda narra però che in punto di morte, lo stesso Monet abbia voluto immortalare su una tela (mai ritrovata) la propria morte nel riflesso delle ninfee. Ninfee nere appunto.
Questa e tante altre curiosità sulla vita del pittore francese durante la sua lunga permanenza a Giverny arricchiscono le pagine del romanzo fungendo non solo da piacevole contrappeso alla tensione narrativa derivante dall'indagine poliziesca ma diventando anche parte integrante di essa.
Non è difficile immaginare infatti che se da una parte questa piccola cittadina abbia goduto dei vantaggi economici derivanti dall'enorme afflusso turistico, dall'altra abbia perso una propria identità, diventando essa stessa il riflesso delle ninfee di Monet:
"Chi si sognerebbe di andare a vivere altrove? Un paese così bello... Ma le dico una cosa: è una scenografia cristallizzata, pietrificata. C'è il divieto di decorare qualsiasi casa in maniera diversa, di ridipingere un muro, di cogliere un fiore. Dieci leggi lo proibiscono. Qua viviamo in un quadro, siamo murati vivi! Crediamo di essere al centro del mondo, siamo convinti che valga la pena di fare un viaggio per venire qui, ma alla fine il paesaggio, la scenografia ti cola addosso, come una specie di vernice che ti incolla alla scena. Una vernice quotidiana di rassegnazione, di rinuncia.. "
E non potrete non avvertire questa sensazione di prigionia, di arrendevolezza e remissività nei personaggi del romanzo, in particolar modo quelli femminili.
Sono tutti accomunati da una nota grigia, in aperto contrasto con i colori vivaci dei giardini che circondano la casa di Monet, come se quelle donne, giovani o adulte che fossero, non facessero parte di quel quadro, di quel paesaggio: tutte desiderose di evasione, di libertà, di una vita che non fosse quella dipinta per loro da un marito troppo geloso e possessivo o da una madre protettiva, una vita destinata inesorabilmente a spegnersi nel rimpianto delle occasioni perdute o di un amore soffocato sul nascere.
"Perchè fuggire? La risposta alla sua domanda è banale e vecchia come il mondo, è la malattia delle ragazze che si sognano diverse, la sete d'amore della Berenice di Aragon, la noia insopportabile della donna che peraltro non ha niente da rimproverare all'uomo con cui vive... Nessuna scusa, nessun alibi. Solo la noia e la certezza che la vita sia altrove, che da un'altra parte esista una complicità perfetta, che quei capricci non siano dettagli ma cose essenziali."
In Ninfee nere le vite stroncate non sono soltanto quelle delle vittime assassinate ma anche quelle private della loro essenza, della libertà di sognare e di trasgredire, incorniciate e rinchiuse senza via di scampo in un mondo apparentemente idilliaco ma realmente angusto e deprimente:
"Acconsento che si instauri il delitto di sognare.
Se sogno, sogno ciò che mi viene vietato
Mi dichiarerò colpevole. Mi piace avere torto
Agli occhi della ragione il sogno è un bandito."
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Mi sa che, per cominciare a conoscere l'autore, questo libro sia quello giusto.