Dettagli Recensione
L’esercito degli Idioti Nazionali
«Oggi abbiamo ucciso l’imprenditore Paris Fokidis. Non vi diremo perché l’abbiamo ucciso. Lo dovrà scoprire la polizia, che è il Cerbero del sistema. Noi diremo solo una cosa: meritava di morire. L’esercito degli Idioti Nazionali»
Quando il commissario Kostas Charitos apprende della rivendicazione da parte del gruppo terroristico (o del gruppo organizzato perché ancora troppo pochi sono gli elementi per capire chi è l’autore del reato), è da poco diventato nonno del piccolo Lambros. La vittima deceduta a causa dell’esplosione di un ordigno non è altro che un imprenditore di successo, Paris Fokidis, dall’animo filantropo e apparentemente integerrimo in tutto. Da un albergo in Calcidica – il suo luogo natale – il magnate è arrivato ad essere il proprietario di una catena alberghiera, la Fokea SR Hotels, con alberghi siti nei centri più disparati (ovvero, da Anàvyssos a Noùfaro, località dove è avvenuto l’assassinio, arrivando a Sifnos, a Creta e a Xilòkastro) e ad essere titolare di un’agenzia di viaggi organizzati a Londra. Il suo curriculum vitae è chiaro e limpido, i panni che riveste sono evidentemente quelli di un uomo altruista e benefattore ma allora perché nella rivendicazione si asserisce al fatto che meritasse suddetta morte? E perché la stessa è trascritta a mano e non da pc e oltretutto con un’ottima calligrafia vergata con calamaio e pennino? Chi poteva avere un motivo per uccidere un imprenditore così perfetto e, per di più, mettendogli una bomba in macchina? Chi è l'Esercito degli Idioti Nazionali? Qual è il movente che può aver spinto ad un siffatto gesto? Questo ancora Charitos e la sua squadra non sono in grado di stabilirlo ma una cosa è certa, dietro la facciata si nasconde qualcosa perché è indubbio che la vittima sapesse perfettamente come nascondere la natura e le dimensioni dei suoi interessi. Da questi brevi assunti avrà inizio un’indagine concreta e lineare che porterà gli agenti ad investigare non soltanto su un semplice caso di omicidio ma anche su fatti e dinamiche che coinvolgono la nostra società odierna. Perché nelle opere di Petros Markaris mai e poi mai ci si sofferma soltanto al giallo, le sue pagine ospitano con grande maestria e modi garbati anche gli usi e i costumi della realtà greca nonché dei suoi problemi, delle sue criticità e delle sue pecche. In particolare né “Il tempo dell’ipocrisia” tra le tante tematiche che vengono affrontate vi sono quelle del lavoro, della classe benestante che mangia e si arricchisce sulle spalle sempre più provate della classe media o medio-bassa, dei licenziamenti in età adulta (dai quarantacinque anni in su) a favore di assunzioni di personale più giovane, meno costoso e quindi meno pagato, del PIL che viene dichiarato in crescita anche se si è ben consapevoli che di questo beneficeranno i ricchi mentre agli altri nemmeno il merito di aver creato un flusso positivo in entrata pagando le tasse verrà riconosciuto, dei paradisi fiscali, del malessere di questi tempi così poco meritocratici e così tanto funesti.
Al tutto si aggiunge una prosa curata in ogni dettaglio, dal giusto ritmo narrativo, ben articolata, fluente ed erudita con personaggi a loro volta solidi e tangibili. Ottima anche l’ambientazione che è originale così come questa storia in cui non tutto è come appare, non tutto è come sembra. Totalmente appropriato anche il titolo dell’opera.
Un elaborato che intriga e che conquista sia per il giallo che per i fatti di attualità che vi sono custoditi e che sono capaci di indurre riflessione nel lettore.