Dettagli Recensione
Un'indagine sui meandri oscuri della psiche.
Sonia vive in una bella casa sul Tamigi, nei pressi di Londra. Soffre di depressione: il marito Greg è sempre via per lavoro, la figlia Kit se n’è andata di casa, la madre è in un pensionato per anziani e non le ha mai voluto bene veramente. Seb, il fratello al quale era legatissima, non c’è più: durante una gita sul fiume con la sorella, su una zattera travolta dalle onde, muore, a causa di una manovra azzardata di Sonia. E’ passato tanto tempo, ma il ricordo dell’episodio tormenta ancora la sorella, minandone lentamente la psiche ed isolandola sempre più dal mondo esterno. Ma ecco un evento che sconvolgerà per sempre la sua vita: bussa alla porta della casa sul fiume un ragazzo di 15 anni, Jez, amico di famiglia, in cerca di un famoso disco della collezione di Greg. Sonia lo accoglie, lo fa entrare, non le sembra vero di avere qualcuno tutto per sé, da non perdere, da non lasciarsi sfuggire. Inizia così una trasformazione dei personaggi, descritta magistralmente pagina dopo pagina dall’Autrice. In Sonia la malattia psicotica diventa ossessione, impedisce con vari pretesti al ragazzo di uscire dalla casa, dandogli prima dimostrazioni di un rassicurante affetto e ricorrendo poi, con il passare del tempo, a metodi sempre più sbrigativi: lo lega al letto per impedirgli la fuga e gli somministra sedativi mescolati al cibo. Jez viene ingannato con promesse di liberazione, subisce le attenzioni morbose della carceriera, cerca di venire a patti con Sonia, che ormai lo considera cosa sua, da custodire gelosamente non potendone più fare a meno. Negli ultimi capitoli ci sarà spazio per un delitto (a tanto giungerà la follia di Sonia!) e per un finale a sorpresa, che sembra presagire una sorta di sindrome di Stoccolma, una dipendenza psicologica, se non addirittura affettiva della vittima nei confronti di chi l’ha privata a lungo della libertà. Il romanzo, del 2011 e prima opera della scrittrice, è caratterizzato da una minuziosa indagine sulla psiche malata di una donna sola e depressa, vulnerabile,che tenta disperatamente di colmare il suo bisogno di affetto con un gesto estremo di cui sembra non voler assolutamente calcolare le conseguenze. La scrittura è da giallista consumata, crea tensioni e dà emozioni forti; solo qualche lungaggine sui rapporti con i familiari e con i ricordi di un passato tormentato. Non si può non ricordare un’analoga vicenda narrata dal grande Stephen King (“Misery”) con ineguagliabile potenza descrittiva, resa mirabilmente nella trasposizione cinematografica “Misery deve morire” dall’interprete Kathy Bates, vincitrice dell’Oscar e del Golden Globe. Anche de “La casa sul fiume” vedremo la versione cinematografica (diritti già acquisiti), sperando anche di leggere presto la traduzione italiana dell’ultimo romanzo (2019) della Hancoch “I thought I knew you”, un’introspezione sull’ipocrisia dei rapporti familiari.