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Quel passato ingombrante che (ri)scrive il futuro
Siamo nella primavera del 2012, in una Londra che attende spasmodicamente il passaggio dal Giubileo Reale appena terminato all'imminente cerimonia di apertura dei Giochi Olimpici.
È trascorso un anno dal movimentato matrimonio di Robin e Matthew che conclude il romanzo precedente 'La via del male', quando l'ingresso dell'agenzia investigativa di Cormoran Strike viene varcato da uno strano personaggio di nome Billy: il giovane ha evidenti disturbi mentali e intende denunciare lo strangolamento di un 'bambino-che-poi-era-una-bambina' avvenuto parecchi anni addietro. Nonostante i segni di squilibrio di Billy rendano la sua testimonianza poco attendibile, Strike decide comunque di prendere in esame il caso, le cui indagini finiranno per intrecciarsi con quelle relative al Ministro della Cultura Jasper Chiswell, ricattato da due personaggi avidi e arrivisti riguardo 'un fatto che risale a sei anni fa'.
Il tutto mentre il tormentato rapporto tra il detective e Robin rimane perennemente sospeso in un complesso gioco di relazioni che sarà destinato giocoforza a divenire il vero cuore del romanzo.
Partiamo proprio dal cuore del romanzo: è l'unica nota dolente di questo quarto capitolo della serie. È un vero e proprio elastico quello che decide l'andirivieni evolutivo di Robin e Cormoran sia nelle loro relazioni sentimentali sia nella loro coppia investigativa, ma si avverte l'assenza di quella ciliegina che avrebbe completato in modo perfetto la "torta narrativa" a cui Galbraith ci ha abituato (... viziato) negli anni. Volendo guardare il bicchiere mezzo pieno, rimane intatta la tensione emotiva che funge da collante per il prossimo romanzo, ma è un peccato, comunque, perché tutto il resto rasenta la perfezione prosastica.
In un'atmosfera da caffè decadente di epoca coloniale, il lettore viene guidato in un viaggio nella capitale inglese fra campi da croquet, costruzioni bianche con tegole d'ardesia, dimore in stile neoclassico, casette a schiera con doppio garage e vie residenziali con villette vittoriane, mentre nei quartieri della classe media i riflettori puntati sulle Olimpiadi sono decisi a evitare, con tutta l'omertà del mondo, qualsiasi notizia scandalistica che possa turbare il giro d'affari che ruota attorno alle competizioni sportive.
Una scenografia perfetta per i protagonisti appartenenti a una famiglia dal passato burrascoso e dal presente pieno di scheletri negli armadi, esattamente come nel 'Rosmerholm' di Ibsen, dramma teatrale i cui virgolettati introducono la lettura di ogni capitolo e risultano essere fondamentali chiavi di lettura per la comprensione dell'intreccio narrativo.
Il risultato di quasi ottocento pagine, tuttavia, non spaventi prematuramente i "neofiti" di Galbraith, poiché tutte le lungaggini concorrono all'obiettivo pienamente riuscito di esaltare ogni minimo dettaglio dei personaggi e della trama: avremo a che fare con colf con licenza di investigare, parlamentari con un piede e mezzo nell'illegalità, spietati attivisti e schizofrenici nobili immersi, 'nella trappola della vigliaccheria mascherata da compassione', in intercettazioni telefoniche, doppie e triple identità, tradimenti, lotte sociali, omicidi-suicidi sfumati da un alone poliziesco di mistero.
Un romanzo elegante, raffinato, che 'rimandava a un'epoca di superstizione, magia e potere feudale' e ricco di richiami letterari e di alcuni retroscena alquanto curiosi: sarà impossibile resistere al richiamo del Cavallo Bianco intagliato sul legno, mentre una sinfonia di Brahms conduce il climax emotivo dell'interrogatorio più importante della fabula.
Indicazioni utili
'Il baco da seta';
'La via del male', tutti dello stesso autore (autrice).
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