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L'anagramma di LINOGE
Dopo anni nei quali mi sono interessata ad altri autori e letture sono tornata ad un vecchio amore: Stephen King e l’ho fatto con questo romanzo, forse non dei più conosciuti ma dal quale è stata tratta una miniserie veramente splendida e fedele.
“The King” ci porta su Little Tall Island, una delle tante isole disseminate lungo la costa del Maine, proprio durante una tempesta di neve che taglia fuori dal mondo per due lunghi giorni la piccola comunità locale. Siamo nel 1989, a poco a poco impariamo a conoscere tutti i nomi degli abitanti dell’isola, soprattutto il loro carattere chiuso e anche il loro far parte di una comunità dove ci si sostiene e si conta l’uno sull’altro -”perchè non c’è comunità negli Stati Uniti così strettamente chiusa in sé stessa quanto quelle delle isole davanti alla costa del Maine”-. Nei due giorni di tempesta, la comunità ed il suo poliziotto part time, Mike Anderson, avranno a che fare con uno spietato assassino e con una sua agghiacciante richiesta.
Quello della comunità è uno dei concetti cardine sui quali è imperniata tutta la vicenda, come anche quello della chiusura al mondo, quello del saper mantenere i segreti e quello delle scelte condivise dalla collettività, ed è proprio per questo che ciò che accadrà durante quella tempesta troverà ben pochi ostacoli -”far fronte comune dà sempre per risultato il comune bene? Il concetto di comunità scalda sempre il cuore o qualche volta gela il sangue?”-. La comunità di Little Tall Island ha già i suoi segreti: qui infatti è stato ambientato anche “Dolores Claiborne” come ci ricorda l’autore con alcune frasi nel racconto.
In realtà il libro non è scritto sotto forma di romanzo ma di sceneggiatura comunque la lettura risulta molto agevole anzi a volte ne guadagnano la descrizione e la suspence. E’ un libro bellissimo, che ci pone davanti ad inquietanti interrogativi: Cosa faremmo noi al loro posto? Si può dar seguito alle richieste di un assassino soprattutto a costo di un nostro sacrificio? Naturalmente è inutile dire come l’autore riesca benissimo a render l’atmosfera claustrofobica dovuta alla tempesta di neve e vento; splendida è la similitudine tra il faro che piano piano si sgretola fino al crollo a causa della forza del mare in tempesta così come la comunità che non sarà mai più la stessa dopo gli eventi occorsi in quei due giorni. Ho trovato molto interessanti anche alcuni commenti inseriti da King durante la narrazione, sulla famiglia come anche sul lato oscuro di ciò che siamo e dei nostri comportamenti. In una comunità dove sarebbe stata utile neanche la Chiesa viene salvata e il reverendo non è uno dei personaggi migliori di quell’isola. Come altri romanzi di Stephen King anche questo narra una storia che potrebbe succedere anche a noi, anche oggi, ed è forse proprio questo (e non l’horror) a lasciarci quella strana inquietudine che ci si porta sempre dentro dopo aver letto un suo libro.