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La testa… come lanterna di Halloween
American Psycho di Bret Easton Ellis, ossia il rampante Patrick Bateman, conduce una vita caratterizzata da: fiumi di denaro speso per oggetti inutili, lusso ostentato (“Il portafogli di gazzella”), capi firmati, programmi televisivi di dubbia qualità, visioni di videocassette porno, frequentazione di locali alla moda, un lavoro che non viene mai qualificato nei contenuti, incontri sessuali sadici e… delitti orrendi che – paradossalmente - non vengono perseguiti dalle autorità.
Soltanto quando l’omicidio di un senzatetto (tra le vittime predilette della mente malata del serial killer) viene compiuto con un clamoroso errore (il silenziatore non è innescato), si scatena per le vie di New York una caccia all’uomo che lascia sul campo numerose vittime. Senza conseguenza alcuna per la libertà di American Psycho.
Bisogna superare le prime cento pagine (per la verità, non poche) – un elenco interminabile di vestiti griffati, locali alla moda, occupazioni vacue e superficialità a iosa – prima di imbattersi nelle atrocità di delitti che vengono stemperate con sarcasmo noir e surreale (“La testa vera e propria, ricoperta di materia cerebrale, svuotata e priva di occhi, è nell’angolo del soggiorno dietro il piano e ho intenzione di adoperarla come lanterna di Halloween”): abiti e tappeti macchiati di sangue e di reperti organici, portati con noncuranza nella lavanderia cinese, la domestica intenta a cancellare tracce cruente di feroci stermini…
Giudizio finale: molto splatter, molto yuppy, molto sopralerighe, molto tutto… In particolare, sono estenuanti gli elenchi degli abiti griffati.
Bruno Elpis
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