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'Salem's Lot, la sirena del Male
“Le notti di Salem” è un romanzo d'orrore, nonché una delle primissime opere pubblicate dal prolifico Stephen King, che in questo volume si prefigge di riscrivere il “Dracula” di Bram Stoker
«-Ti ricorda qualcuno?-, gli chiese [Ben].
-Sì-, rispose Jimmy. -Van Helsing.»
puntando però ad un finale decisamente più pessimista e collocando la mitica figura del vampiro nel contesto inusitato della provincia del Maine.
Ambientazione prescelta è quindi Jerusalem's Lot, tipica cittadina dove la privacy è quasi una chimera e dotata di un'aura cupa e misteriosa. L'arrivo nel paese di Ben Mears da l'avvio alla narrazione; il protagonista è (immancabilmente) uno scrittore pubblicato alla ricerca dell'ispirazione per il suo nuovo romanzo, ma anche dell'occasione per esorcizzare le sue paure infantili collegate a Casa Marsten, una villa diroccata dove fu obbligato ad entrare da ragazzino durante una prova di coraggio.
Ben non è il solo outsider in città, infatti poco dopo giunge a 'Salem's Lot l'esperto di mobili d'epoca Straker che, assieme al suo sfuggente socio in affari Barlow, intende aprire un negozio di antiquariato e, soprattutto, instaurarsi nella sinistra Casa Marsten.
La narrazione non si limita a seguire il protagonista, ma si estende ad un numero notevole di personaggi, molti dei quali secondari, che attraverso i loro POV permettono al lettore di assistere a quanto succede nell'intera città. Un ruolo predominante è comunque riservato alla “squadra” che assisterà Ben nella caccia al vampiro; come premesso però, gli eroi non vengono particolarmente aiutati dall'autore e si trovano spesso in svantaggio contro il signore della notte. L'unico a dimostrare una decisione ferrea ed un intuito notevole è quello da cui meno te lo aspetti: il giovanissimo Mark, che per conseguenza risulta essere anche il personaggio meno realistico dell'intero cast.
Parte di questo cast è anche, o forse soprattutto, la cittadina stessa dotata di un innegabile fascino e di una storia originale
«[Tanner] Per dire bosco usava l'espressione wood lot, da qui il nome di Jerusalem's Lot. [...] in America anche un maiale può aspirare all'immortalità.»
che viene maggiormente esplorata nel racconto prequel intitolato “Jerusalem's Lot”, presente come diversi altri contenuti in questa edizione, e rende chiaro come questo luogo sin dalle sue origini fosse votato al male. All'interno della cittadina poi, Casa Marsten si conquista un ruolo predominante
«Se ne sta su quel colle a dominare il villaggio come... oh, come una specie di idolo.»
«Ma la prospettiva che il male sopravviva a chi l'ha commesso è più inquietante. [...] Io credo che quella casa possa essere il monumento di Hubert Marsten al male, [...]»
«-Forse la casa ha chiamato a sé un altro uomo cattivo.»
che la rende agli occhi del lettore il vero emblema della malvagità, una sirena che chiama a sé i peggiori tra i mostri della Terra perché la abitino ed alimentino così un pozzo di crudeltà senza fondo.
Alla classica personificazione del male nella forma del vampiro si accosta una sua espressione più sensoriale ed istintiva
«Quella [durante la guerra in Vietnam] era paura razionale. [...] Questa paura invece era infantile, non aveva riferimenti precisi.»
quasi astratta eppure capace di generare effetti tangibili. Ancor più angosciante a mio avviso è poi la crudeltà nella sua espressione quotidiana, come la violenza immotivata sui bambini o l'esaltazione dell'avidità insita nell'uomo, che lo rende cieco di fronte alle conseguenze delle sue azioni.
Come avrete facilmente intuito, questo romanzo ha svolto egregiamente il suo compito di mettermi i brividi, complice la lettura serale, ma presenta diversi problemi che non mi permettono di assegnargli un punteggio pieno. Sono rimasta delusa dalle molte storie lasciate in sospeso e, sebbene alcune vengano riprese in altre opere di King, avrei almeno voluto conoscere più nel dettaglio la vita di Marsten a 'Salem's Lot e cosa l'abbia portato alla sua drammatica fine. Al lettore vengono poi presentati un'infinità di nomi tra personaggi e luoghi, creando un'inevitabile confusione, ma il problema maggiore è nel finale che, sebbene non lieto come auspicato dall'autore, concede una risoluzione troppo banale e lascia molti dubbi irrisolti.
L'edizione italiana è arricchita da molti contenuti extra: troviamo introduzione e postfazione in cui King stesso spiega cosa l'abbia spinto a scrivere questa storia, alcuni degli articoli fittizi raccolti da Ben Mears, il racconto sequel “Il bicchiere della staffa” e quello prequel “Jerusalem's Lot”, delle suggestive foto realizzate appositamente per questa edizione illustrata (che ricordano parecchio quelle presenti nei romanzi della trilogia Miss Peregrine di Ransom Riggs) ed infine alcune delle scene eliminate dal manoscritto iniziale, utili a colmare diverse lacune nel testo finale.
Mi trovo costretta però a lamentarmi per la scelta del traduttore Tullio Dobner, lo stesso de “Il miglio verde”, che passa da pigre traduzioni letterari a vocaboli ricercati e desueti, passando per alcuni importuni regionalismi come in questi esempi
«[La signorina Coogan] Riempie tonnellate di schede di prenotazioni e TIRA SCEMA la signorina Starcher.»
«[Ben] Non era venuto a SPANDERE e un uomo che lavorava dopo cena era di quelli intenzionati fino in fondo [...]»
Per un autore della fama di King la Sperling & Kupfer potrebbe puntare su una traduzione più attenta, che rendesse fluida la lettura.