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Un buon esordio
Copenaghen. C’è qualcosa che non va. In campagna, e più precisamente presso la fattoria del vecchio Orum, un maiale morto lasciato sul luogo del decesso è un qualcosa di inconcepibile di normale, figurarsi se ad osservare la scena è Marius Larsen, un agente di polizia con tanti anni di lavoro alle spalle, a una settimana dalla pensione e con mille dubbi su quel cambiamento di vita ormai sempre più vicino e ostico come il più pesante dei fardelli. È questione di un attimo. Non resistere all’impulso, aprire quella porta socchiusa e trovarsi di fronte a corpi mutilati, cadaveri da scavalcare fino a loro; centinaia di “omini” fatti di castagne e fiammiferi, dalle forme deformi e incomplete, dalle fattezze infantili e dagli occhi ciechi. Occhi non tutti ciechi, però. Perché lui, l’assassino, si sta godendo la scena. Sta osservando i frutti del suo operato di morte e desolazione, si sta gustando le reazioni, si sta nutrendo di quelle sensazioni di paura, disgusto e terrore che aleggiano nell’aria.
Saranno Naia Thulin e Mark Hess ad indagare sul caso e a cercare di fermare quel male sadico che non perdona, che non concede attenuanti e che non offre spazio alcuno alla speranza. Ma non sarà semplice per loro fermare i piani di un uomo mosso da un qualcosa di così forte da anestetizzare ogni forma di scrupolo. Perché “L’uomo delle castagne” ha pensato a tutto, la sua vendetta sarà inarrestabile.
C’è poco da dire, quello di Søren Sveistrup è un esordio in grande stile, che funziona tanto per intreccio narrativo che per caratterizzazione dei personaggi. Soffre purtroppo però della presenza di qualche stereotipo comune (che funziona meglio sugli schermi che nelle parole scritte) quale ad esempio il canonico poliziotto tormentato ma le cui intuizioni sono geniali, la collaboratrice “pepata” che eviterebbe volentieri di affiancarlo e, ancora, il classico capo che è più preoccupato della visibilità mediatica che della risoluzione delle efferatezze. L’opera racchiude al suo interno molteplici generi letterari offrendosi agli appassionati come un volume che non è soltanto thriller quanto anche noir e poliziesco. Plurimi sono anche gli aspetti psicologici e gli elementi criminologici ivi inseriti.
Al tutto si somma uno stile narrativo fluido, composto da brevi capitoli, con un giusto carico di aspettative e cinematografico. Non dimentichiamoci, infatti, che lo scrittore nasce come sceneggiatore e per la precisione è ricordato dal pubblico del piccolo schermo per “The Killing” e il pubblico del grande schermo per aver curato la trasposizione de “L’uomo di neve” di cui all’opera di Jo Nesbo.
Il finale lascia ben ipotizzare la scrittura di un successivo capitolo delle avventure. Consigliato agli amanti del genere, a chi ama il brivido e a chi cerca un romanzo con cui staccare qualche ora, non particolarmente impegnativo nonché a chi ama le serie televisive.