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Le memorie di Maigret
 
Le memorie di Maigret 2018-11-07 10:23:46 Renzo Montagnoli
Voto medio 
 
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Stile 
 
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Contenuto 
 
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3.0
Renzo Montagnoli Opinione inserita da Renzo Montagnoli    07 Novembre, 2018
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Un’occasione mancata

Capita frequentemente che i protagonisti di fortunate serie romanzesche appaiano senza età, o meglio quella che hanno è come cristallizzata. Il commissario Maigret, anche per effetto dei numerosi telefilm imperniati su di lui, è una figura che il tempo non scalfisce, che pare perfino non abbia avuto un passato, un trascorso d’infanzia o addirittura che non sia nato da un rapporto sessuale, in quanto frutto della copula creativa del suo autore. E’ pertanto con una certa sorpresa che mi trovo per le mani questo volume intitolato Le memorie di Maigret, i ricordi di una vita del celebre investigatore dalla cessata attività e con ai piedi le pantofole del pensionato. L’idea di Simenon è stata ottima, perché francamente sapere che Maigret ha avuto un passato lo rende ancor più umano di quello che non sia, visto che sovente è velato da certi atteggiamenti burberi che nascondono un po’ di timidezza. Altro aspetto interessante del libro è dato dal fatto che Maigret incontra il suo autore, un ancor giovane Simenon che cerca nel celebre poliziotto idee per scrivere romanzi gialli, il cui protagonista sarà immancabilmente proprio il commissario. E’ del tutto originale questo incontro, questa conoscenza graduale che fanno i due personaggi, quello di fantasia e quello reale. Purtroppo, dopo un avvio così scoppiettante, con delle invenzioni che colpiscono, desiderosi di altre novità si finisce con il restare delusi perché la narrazione si appiattisce, perché il rapporto di Maigret con Simenon passa in secondo piano e la narrazione rientra nei canoni di assoluta normalità, così che il lettore, scemato il più che giustificato entusiasmo iniziale, comincia ad annoiarsi, tanto che quello che avrebbe potuto essere un “signor” metaromanzo si affloscia, perde di energia e, detto francamente, si trascina stancamente alla fine. E’ un vero peccato, perché Simenon ha perso una grande occasione per scrivere un capolavoro assoluto e ha invece finito con il dare alle stampe un romanzo scialbo che, senza essere ingenerosi, può essere definito nulla più che discreto.

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