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Bullismo e sangue.
Carrie è il primo romanzo di Stephen king, scritto nel 1974. Malgrado sia uno dei romanzi più brevi in assoluto del Re, in esso è possibile scorgere – seppur a livello embrionale – delle costanti della successiva narrativa di King. Lo stesso autore, del resto, definì questo romanzo “crudo” e “con un'incredibile capacità di terrorizzare”. Questo romanzo, analogamente per certi verso ad “Ossessione” è uno dei libri più censurati nelle scuole americane.
Nel 1976, il famoso regista Brian De Palma ne trasse un film di indiscusso successo (apprezzato, stranamente dallo stesso King, di solito molto critico nei confronti delle riduzioni cinematografiche dei suoi lavori). Tuttavia la prima parte del film è certamente aderente al romanzo, salvo poi discostarsene un po' nel finale in cui il regista, ha preferito circoscrivere tutti i tragici eventi all'interno della scuola, piuttosto che in tutta la città come nel romanzo.
Il romanzo definito da molti toccante, racconta la storia di Carrie White, una sedicenne vessata da una madre iperprotettiva e troppo religiosa e dalle compagne di classe che non perdono un'occasione per prenderla in giro o farne la vittima dei loro scherzi, anche di cattivo gusto. Carrie in questo contesto a volte scoraggiante affina una particolare qualità che possiede da quando era bimba e, presumibilmente, ereditata dalla nonna: la telecinesi, cioè la possibilità di spostare gli oggetti con la sola forza del pensiero. Quando al ballo di fine anno le compagne gli giocano l'ultimo orribile tiro mancino, la sua furia distruttiva esplode con tutto l'orrore possibile.
Lo stile narrativo adottato da King, in questo romanzo, offre al lettore diversi punti vista, alternando (un po' come il “Dracula” di Bram Stoker) citazioni di vari libri riguardanti il caso di Carrie, articoli di giornali alla pura e semplice narrazione. Anche se sin da subito si comprende l'epilogo del romanzo, resta la considerazione che King riesce a raccontare la storia con una dovizia di particolari (malgrado la brevità del testo) ed un pathos sempre crescente al punto da creare, effettivamente, dei momenti di raro terrore.
Il personaggio di Carrie è senza dubbio quello che supera tutti gli altri in spessore psicologico e in capacità di riempire la scena. Ma anche la madre di Carrie, Margaret White, assume un ruolo fondamentale: il vero motore in fondo, colei che con le sue vessazioni e le sue manie religiose ha, a forza, costretto la figlia ad una vita di ostinata emarginazione.
In un gioco quasi perverso tra manie e religiosità, tra preghiere che perdono il loro spessore religioso e sprofondano in una paludosa superstizione, si gioca tutto il sottile e terrificante meccanismo che fa di Carrie una invincibile macchina da guerra.
Tutto il resto, le vessazioni dei compagni, le incomprensioni dei professori, la gratuita cattiveria del mondo esterno restano quasi sullo sfondo a completare, seppur marginalmente, un quadro psicologico al limite della follia.
King con questo romanzo mette subito le cose in chiaro. Mostra tutta la stoffa di scrittore che, successivamente, regalerà ai lettori pagine epiche come “L'ombra dello Scorpione”, “IT” e “Le Notti di Salem”.
Una piccola curiosità: a pag. 56 viene citato il maestro delle elementari di Carrie, che si chiama Edwin King, che altro non è che il nome completo dello stesso autore (Edwin Stephen King). Da leggere.