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Perduti.
«In mare non si sentiva né vivo né morto. Solo altrove. Un altrove in cui riusciva a trovare qualche buona ragione per essere se stesso. E gli bastava.»
Un porto. Il mare aperto. Una rotta da non poter seguire. L’impossibilità di ripartire. Cinque mesi. Almeno centocinquanta giorni che i marinai dell’Aldébaran sono relegati a Marsiglia, al termine di quei sei chilometri dalla diga del lago. In attesa. In una interminabile e irrefrenabile attesa dove ogni giorno è uguale al precedente, dove il richiamo del mare è tanto irresistibile quanto irrealizzabile è lasciarvisi andare, dove il denaro, ancora, manca, dove lasciare la nave significa perdere tutto quel che gli spetta, dove restarvici, significa conclamare la condizione di marinaio perduto.
Abdul Aziz, comandante della nave condannata al disarmo, Diamantis, il suo secondo a bordo e poeta, il turco Nedim e le donne, Melina, Céphée, Aysel, Amina, Mariette, Gaby, Lalla, amate, perse e cercate nei porti del mare Mediterraneo, sono i protagonisti indiscussi di questo testo a firma Izzo. Accomunati da un passato ricco di disavventure, ciascuno è nondimeno desideroso di andare avanti anche se ciò significa rischiare di perdersi, rischiare di dimenticarsi chi si è.
E con i suoi tipici toni malinconici, il suo stile fluente, scarno e privo di fronzoli, lo scrittore parla di temi a lui cari quali la fusione di culture eterogenee e diversissime tra loro, l’emarginazione, la solitudine dell’uomo, la sua dedizione alla perdizione e agli errori, ma anche la sua profonda caparbietà nel non arrendersi, nel pazientare di fronte all’inevitabilità di quelle interminabili attese, la prostituzione, la vita. Gli elementi che lo caratterizzano e che lo fanno amare, ci sono tutti. Il suo è un rendere omaggio a chi è costretto a far di questo pazientare la costante della propria vita, il suo è un rendere omaggio a chi ha una famiglia, un amore, un qualcosa da cui tornare ma a cui non può far ritorno per ragioni più grandi. E così, aspetta. Attende. Indugia.
Ingiustizia, disperazione, verità. Questo e molto altro è “Marinai perduti”, questo e molto altro è Jean-Claude Izzo. Perché egli non cela alcunché ai suoi lettori, non ovatta la realtà per renderla più piacevole o più leggera, non fugge da quel che la strada della vita gli pone innanzi.
«No. Ma… mi sono chiesto spesso se, appunto, non siano invece proprio quei piccoli niente a cambiare il corso della storia. [...] La storia forse. Non il suo corso.»
«In quell’attimo l’ho perduta» ammise infine, terminando di bere il caffè. I gesti irreparabili esistono, ma si ignorano sempre.
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Annoto e la lista aumenta! :)))