Dettagli Recensione
Top 10 opinionisti - Guarda tutte le mie opinioni
Un commissario "empatico"
Friedrich Ani, scrive Il giorno senza nome: un carosello di coincidenze, di omissioni e di indifferenza. Questo è il clima in cui si trova ad operare il commissario Jakob Franck, ormai in pensione, ma interpellato da un padre sconvolto che ha, ormai perso tutto, da vent’anni. Da vent’anni, infatti, sua figlia è stata trovata morta, impiccata. Il caso archiviato come suicidio. L’anno successivo la moglie si dà la stessa morte della figlia. Lui, solo e disperato, chiede un supplemento di indagini, proprio al commissario che all’epoca si era occupato del caso. Jakob è un solitario, accompagnato da un segreto che sconvolge: vede i fantasmi dei casi che si è trovato a risolvere. Non sono entità fisiche, ma pensieri, ricordi, riflessioni che tormentano ossessivamente la sua mente. A lui toccava sempre il compito di comunicare le tragedie ai familiari, perché
“era lui a cercare il contatto, il conforto, il silenzio, con abnegazione e pazienza; non agiva per altruismo (…). In primo luogo riconosceva se stesso nelle persone da cui doveva recarsi per servizio. (…) nelle stanze e negli ingressi di coloro che da familiari erano diventati superstiti, si sentiva più a suo agio che nella sua vita, nel rapporto esclusivo di coppia, nel suo matrimonio e nella sua famiglia.”.
Il suo metodo di lavoro era quello di “immedesimarsi”, di sentire per giungere alla verità del caso, perché
“doveva cercare di dimenticare tutto quello che aveva imparato e fidarsi delle reazioni del suo corpo, dei suoi neurotrasmettitori.”.
Così Franck inizia anche qui il suo anomalo percorso investigativo, venendo a contatto con i familiari, la zia, gli amici, i vicini della ragazza. Così “sentendo” arriva alla verità.
Non saprei come definire questo romanzo. Non è un romanzo giallo, nel senso classico; forse un romanzo intimistico con varie sfumature di giallo. Un poliziesco atipico, un giallo freddo, ma profondamente umano, “sensitivo”. Buona lettura.