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La sorpresa è servita
Isola della Réunion, dipartimento francese d’oltremare nell’oceano indiano, a pochi passi dalle isole Mauritius. Crogiolo di razze, creoli, africani, musulmani che incrociano i loro destini, paradiso tropicale immerso tra spiagge meravigliose, foreste pluviali e vulcani frementi. In questo ambiente “fuori dal tempo”, il francese in vacanza Martial Bellion, denuncia alla gendarmeria dell’isola l’improvvisa scomparsa della moglie nella camera dl’albergo. Tuttavia qualcosa non torna: una serie di indizi piuttosto lampanti suffragati da alcune testimonianze, la scoperta del cadavere di un indigeno con la relativa arma del delitto sulla quale, guarda caso, sono presenti le impronte del suddetto Bellion, lascerebbero pensare ad una messinscena, alla palese colpevolezza dell’uomo, provata oltremodo dalla sua immediata fuga assieme alla figlia piccola. Ma come in ogni giallo che si rispetti, la soluzione dell’enigma non è così prevedibile e scontata, esiste sempre una seconda pista che lentamente viene a galla, anche grazie all’indagine della gendarmeria che rimescola nel passato del protagonista.
Questa affermazione acquisisce ancora più valore quando si tratta del giallista francese Michel Bussi, noto ai più per il libro “Ninfee nere”, che presenta un finale davvero sorprendente ed imprevedibile,
Bussi in questo romanzo ambientato, appunto, nel paradiso tropicale dell’isola della Réunion descritta con dovizia di particolari tanto da fare provare la sensazione di trovarsi proprio lì sul posto assieme ai vari personaggi, dà ulteriore prova della sua abilità di affabulatore, della sua capacità nel raccontare e dipanare matasse intricate. Come un vero illusionista l’autore mostra particolari, invita il lettore a costruirsi una rappresentazione dei fatti, a definire delle ipotesi, per poi prendersi immancabilmente gioco di lui nel finale. Questo pertanto è il punto di forza del libro, tenerti incollato alla pagina fino all’ultimo, per cui il giudizio non può che essere positivo. Forse però, da un certo punto di vista, questo potrebbe risultare per alcuni anche il suo principale limite. Chi conosce Bussi infatti è al corrente dei suoi “trucchetti” del fatto che prima o poi estrarrà un cilindro dal cappello per cui c’è il rischio di lasciarsi prendere dalla smania di volere arrivare alla fine a tutti i costi, di non godere pienamente quelle atmosfere che invece meriterebbero di essere gustate fino in fondo, così come le caratterizzazioni dei personaggi, o il rapporto amorevole che si instaura tra padre e figlia in fuga, oppure certe riflessioni piuttosto interessanti e stimolanti come la seguente “…questa necessità di trovare sempre dei colpevoli per tutte le disgrazie dell’universo. Anche quando non ce ne sono, la nostra mente li inventa. Probabilmente non è facile per un poliziotto l’idea che abbiamo talmente bisogno di colpevoli da finire per crearli di sana pianta”.