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Serenità perduta
Il rapporto tra me e Simenon è abbastanza controverso. E' chiaro che abbiamo qualche problema di approccio, considerando che sono soltanto agli inizi riguardo alla lettura della sua estesa opera. E' fuor di dubbio che sia uno scrittore di livello, ma ancora non è scattata la scintilla, tra noi due.
Per quanto "L'orologiaio di Everton" sia un giallo di buon livello, con numerosi risvolti psicologici che possono indurre a riflettere, ancora non posso dire che tra me e lo scrittore belga si sia creata quella sinergia lettore-scrittore che avverto quando leggo, ad esempio, un McCarthy o un King. Devo dire, però, che il potenziale c'è e che la voglia di leggere altro, nel suo repertorio, è piuttosto viva.
Lo stile di Simenon riesce a catturare, a rendere l'idea della vita inizialmente monotona del protagonista, Dave Galloway, un orologiaio che svolge ogni piccolo gesto della sua vita come fosse un dovere da adempiere necessariamente in un certo modo e ad una certa ora. La sua vita si divide tra il suo lavoro, suo figlio Ben (di cui è l'unico a prendersi cura dopo la fuga di sua moglie) e un unico diversivo settimanale, che è una serata passata nella veranda del suo vicino, Musak. Galloway è un uomo intrappolato nella sua routine, ma non se ne lamenta, come se sapesse che in fondo, l'abitudine, è solo un altro modo per dire "serenità".
Quando suo figlio Ben scapperà di casa insieme a una vicina, lui sembra completamente incapace di reagire, bloccato com'era nella sua vita sempre uguale. Difatti, in seguito al disastro, quella serenità che si era guadagnato sembra essere la cosa che rimpiange di più, una serenità di cui suo figlio era parte fondamentale.
Il lettore si troverà a scrutare i mutamenti della vita di Dave, un uomo che soltanto alla fine sembra essere in grado di scuotersi dal torpore e indagare sui motivi che hanno spinto suo figlio a fare quello che ha fatto; perchè non si è certo limitato a scappare di casa. Per gran parte del libro non basteranno poliziotti, commissari, avvocati, giudici a scuoterlo da quella specie di dormiveglia che lo fa agire quasi casualmente, arrendevole agli eventi e alla volontà degli altri come una bandiera al vento.
Non volendo rovinare a nessuno la sorpresa, è stato il finale a non convincermi del tutto. Ho sperato che la genialità di Simenon mi colpisse come un pugno sulla faccia. Non è stato così, nonostante dia una spiegazione soddisfacente dei fatti e dei motivi che hanno spinto Ben a fare quello che ha fatto, indagandone i risvolti psicologici. Però, ad essere sincero, non mi hanno convinto del tutto.
Resta comunque una bella lettura, ma forse, va fatta dopo aver letto quelli che sono i capolavori dello scrittore.
"Non era più la sua casa, la loro casa. Gli oggetti avevano perso ogni fisionomia e il letto di Ben, sul quale lui, Dave, stava disteso fino a poco prima, era solo un normale letto che conservava la traccia di un corpo."
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Commenti
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se ti piace Simenon ti consiglio di leggerlo lo stesso. Come ho detto all'inizio, io e l'autore abbiamo un rapporto ancora controverso :D
Vale.
Ho avuto anch'io il mio periodo di intensa lettura dei suoi libri, forse anche troppo perché lo considero un autore eventualmente da leggere ogni tanto, ma senza esagerare.
Tra i suoi libri che conosco, penso che questo sia uno dei suoi capolavori, a pari merito con "Il Presidente".
considerando le varie recensioni e testimonianze (compresa la tua), devo dedurne che Simenon è un autore che è soggetto più di altri al gusto personale. Mi annoto il titolo che mi stai segnalando, e lo metto in coda subito dopo "La camera azzurra", che a quanto mi è stato detto è uno dei suoi capolavori e che ho già acquistato.
Vale.
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