Dettagli Recensione
Un Langdon atipico
Dopo la quinta avventura che ha come protagonista il professore di simbologia Robert Langdon, si può finalmente dire: Dan Brown ha scelto la sua collocazione tra gli scrittori contemporanei, e non ha la minima intenzione di smuoversi da quel modus operandi che lo ha portato al successo con quei due capolavori che sono "Il codice da Vinci" e ancor di più "Angeli e demoni". Le storie di Langdon sono, in fin dei conti, tutte molto simili tra loro, solo proposte in "salsa" diversa.
Origin non fa eccezione, anche se a quest'ultima fatica manca una componente importante che da sempre ha contraddistinto lo scrittore statunitense, e che probabilmente gli dava un qualcosa in più: la componente artistica e misteriosa. Si, perché mentre nelle sue vecchie avventure ritroviamo un Langdon alle prese con le opere dei più grandi artisti della storia, tra i capolavori del Louvre, del Vaticano, L'ultima cena di Leonardo, L'inferno del maestro Botticelli, alla ricerca di indizi nascosti che possano portarlo allo step successivo dell'avventura, in Origin tutto questo è non dico assente, ma quasi. A discapito della copertina, che suggerirebbe tutt'altro(giusto per informarvi, la "Creazione di Adamo" non ha alcun ruolo nella storia, se non quella di copertina che possa rimandare al tema del libro), l'arte ha lasciato il posto alla tecnologia.
Per carità, Dan Brown si legge con piacere e ti tiene incollato alle pagine; è uno degli autori di intrattenimento più capaci che esistano attualmente sulla scena, che fa sapiente uso delle sue doti per trasmettere alle masse informazioni storiche e artistiche in maniera che sia piacevole. E' l'autore che più mi fa prendere lo smartphone per informarmi e saperne di più su tutto quello che cita e inserisce nelle sue storie. Di certo non potevo aspettarmi una profondità che, in fondo, non è mai stata nel suo stile. Ma, bisogna dire, che mi è parso non molto ispirato e spero che non abbia dato fondo a tutte le sue risorse.
Il nostro caro Langdon, oltre a recarsi tra varie difficoltà nel luogo dove si nasconde il suo obiettivo, fa poco altro. Inoltre, l'attenzione è stata data a una moltitudine di personaggi, a discapito dello stesso protagonista che abbiamo imparato ad apprezzare. Ma andiamo nel dettaglio.
Robert Langdon si trova al museo Guggheneim di Bilbao, invitato da un suo vecchio allievo(e caro amico) diventato un futurologo ultramiliardario, che ha organizzato un evento in quel museo allo scopo di svelare la sua più recente scoperta, la quale promette di essere una rivoluzione alla pari se non superiore a quelle di Darwin, Copernico e tanti altri luminari della scienza del passato. La scoperta di Kirsch promette di rispondere scientificamente alle due domande che affliggono l'uomo dall'alba della specie: "Da dove veniamo? Dove andiamo?". Inutile dire che l'imminente annuncio di Kirsch ha attirato milioni di persone in tutto il mondo, ma anche l'attenzione di esponenti religiosi che farebbero di tutto per metterlo a tacere, salvaguardando la fede nel mondo. Persone senza scrupoli, che nonostante la realtà che rappresentano non disdegnano l'uso di sicari, pur di salvaguardare il proprio Dio.
Durante la presentazione avviene qualcosa che nessuno si aspetta, che comprometterà la trasmissione del video in cui è contenuta la verità. Langdon, accompagnato dalla solita donna di bell'aspetto, che sara nientemeno che la promessa sposa del principe di Spagna, e da un'intelligenza artificiale potentissima di nome Winston progettata dallo stesso Kirsch, si troverà lanciato alla ricerca di una password nascosta(nemmeno troppo bene). Le energie mentali e le competenze di Langdon non verranno messe a dura prova come al solito, come ci piaceva vedere, ma si troverà immischiato quasi in una "caccia al tesoro" nemmeno troppo complessa.
Insomma, "Origin si legge con piacere, ma manca quel qualcosa in più che ha sempre contraddistinto Dan Brown, e questo mi ha fatto storcere un po' il naso. Spero che questa fase discendente che è iniziata con "Il simbolo perduto", non sia irreversibile.
Per concludere, il tema di questa storia mette in risalto come la tecnologia stia prendendo il sopravvento in questa nostra società contemporanea, quasi assorbendola. E' un bene? Un male? Non saprei, ma una cosa la posso dire: in questo libro è stato sicuramente un male, perché ha tolto parecchio di quel fascino che il nostro passato, per quanto imperfetto, emana, e che Dan Brown era bravo a portare alla nostra attenzione.
Efficienza a discapito della bellezza, quella vera. E' questa la direzione che stanno prendendo umanità e letteratura? Speriamo di no.
"Fin dalla notte dei tempi, la mente umana si è continuamente evoluta, e non starà certo a me impedire questo sviluppo. Dal mio punto di vista, però, non c'è mai stato un progresso dell'intelletto che non abbia incluso Dio."
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Commenti
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Di Dan Brown ho letto tutto a parte Crypto, quindi so di cosa sto parlando. Ovviamente, come tu hai ben capito, il mio concetto di “capolavoro” va opportunamente contestualizzato. I titoli sopracitati sono capolavori nel proprio genere, senza assolutamente scomodare la letteratura “vera”, che è sicuramente un mondo del tutto separato. Dan Brown è, come dici tu, criticato oltremodo perché criticarlo ti porta un po’ sotto gli stessi riflettori puntati su di lui. E sono convinto che il successo mondiale che ha non è per nulla immeritato. Sa fare quello che per cui scrive: intrattenere il lettore, e ci aggiungo che sa farlo come pochi altri. Cavolo, sapessi scrivere io come lui! :D
Vale.
Vale.
Sono d'accordo sul fatto che in questa avventura Robert Langdon non abbia dato un apporto decisivo e determinante alla risoluzione del caso...ma davvero vogliamo un personaggio tuttologo che sappia tutto di tutto? Credo che il tentativo dello scrittore fosse proprio quello di rendere il professore un pò più "umano": meno sapienza, più rapporti umani.
Sul fatto che trovino la password facilmente, avrei da ridire...ma poi, da un libro di Dan Brown, cosa ci aspettiamo: come si risolve il caso, o il contenuto delle sue idee??
Ma, per come la vedo io, così si rischia di fare un danno al personaggio stesso e di indispettire un po' il lettore, che può partire prevenuto nei confronti di opere future in cui Langdon potrebbe tornare nel suo "habitat naturale". Quello in cui abbiamo imparato ad apprezzarlo.
Almeno, questa è la mia opinione strettamente personale.
Vale.
Vale.
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Anche io credo che i primi romanzi di Dan Brown, i soli che ho letto al momento, siano ottime opere se non addirittura punti di riferimento riguardo ad una capacità irrisoria nell' intrattenere il lettore. E nonostante le vendite siano sempre alle stelle, paradossalmente non è così comune trovare sostenitori dell' autore.
Credo che all' epoca si sia parlato fin troppo del fenomeno Dan Brown, con una massa di presunti esperti e lettori che per distinguersi e seguire la moda ne hanno attaccato a più riprese verosimiglianza e attinenza alla storia ovvero aspetti assolutamente secondari in questo tipo di letteratura. Critiche che il furbo autore ha saputo sfruttare , cavalcare e alimentare.
Al netto di situazioni improbabili e americanate che però non stonano nel genere, Dan Brown e il personaggio Robert Langdon sanno intrattenere, tenere alto il ritmo, suscitare curiosità e fascino. Per questo trovo la tua definizione di " capolavoro " riguardo ai primi due romanzi condivisibile e non lontana dal mio punto di vista.
Infatti leggerò anche i successivi romanzi della serie, nonostante abbia spesso sentito dire che il livello sia calato, come tu hai ben sottolineato nella recensione.