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Cronaca di un'esecuzione annunciata
Se questo fosse un fumetto di supereroi, il gigantesco John Coffey con i suoi misteriosi poteri sarebbe di certo il coraggioso eroe protagonista, pronto a salvare gli indifesi abitanti di una metropoli. “Il miglio verde” è invece un romanzo in grado di raccontare il lato peggiore dell’umanità, e di trasformare un potenziale eroe in un essere tormentato non solo da coloro che tenta di aiutare, ma anche dalle sue stesse abilità.
L’ambientazione da sola conferisce alla storia un’atmosfera cupa e angosciante: siamo in un penitenziario statunitense negli anni ’30, per la precisione nell’ala destinata ai prigionieri in attesa della pena capitale. L’autore gioca sulla continua tensione dal momento che tra i protagonisti ci sono appunto alcuni condannati a morte, e per il loro destino non ci sono più garanzie che per quello delle guardie di sorveglianza. Tra queste troviamo la voce narrante degli eventi, il capocerbero Paul Edgecombe che, una volta anziano decide di raccontare la storia di uno straordinario detenuto, ossia proprio il gigante John Coffey.
La vicenda si svolge quindi su due piani temporali: da un lato troviamo Paul nella casa di riposo, deciso dopo molti anni a mettere nero su bianco gli incredibili eventi avvenuti nel penitenziario nell’autunno 1932; dall’altro lato abbiamo un Paul decisamente più giovane che, affiancato da un affiatato gruppo di fedeli guardi (nonché fidati amici), si impegna ad accompagnare nel modo migliore i condannati verso Old Sparky, come viene affettuosamente chiamata la sedia elettrica.
La trama si focalizza in special modo sulla detenzione di Del un vecchio cajun che riesce ad ammaestrare il topo noto come signor Jingles, Wharton un emule di Billy the Kid folle e privo di rimorsi, e il già menzionato Coffey. Sebbene tutti gli eventi siano narrati dal punto di vista di Paul, a mio avviso è John Coffey il vero protagonista, pur con la sua silenziosa presenza.
Sebbene presentino in molti casi degli atteggiamenti peculiari, tutti i personaggi risultano credibili e ridimensionabili. King riesce a mantenere sempre la verosimiglianza dei personaggi, in particolare quando delinea la figura dell’anziano Paul e il suo caratteristico ripetersi creando un po’ di confusione nella time-line; nonostante ciò, l’ex guardia riesce a mantenersi lucido anche mentre racconta scene a dir poco sovrannaturali, capaci di far perdere il lume della ragione a chiunque.
Nella commovente parte finale, King concede al lettore una rapida occhiata al destino dei personaggi, e da’ nuovamente prova della sua abilità nel genere thriller con alcuni colpi di scena da maestro.
Tra i personaggi è però d’obbligo annoverare anche il signor Jingles e Old Sparky; seppur non siano delle persone in senso stretto, Paul parla di loro con tanto affetto e tanta umanità da creare l’illusione che possano esserlo, anche perché viene concesso ad entrambi molto spazio nella storia, a volte con capitoli interamente dedicati.
La particolare struttura del romanzo ha una sua storia (ben illustrata dallo stesso King nell’introduzione) e deriva dai grandi classici ottocenteschi che venivano pubblicati in modo frammentario, su riviste od opuscoli; all’epoca della prima edizioni, “Il miglio verde” venne appunto diviso in sei parti, ognuna con un piccolo cliffhanger finale.
Questa scelta, che ha le sue origini in particolare nei capolavori di Dickens (citato non a caso nel romanzo), compromette però la lettura una volta unificato il volume: il riepilogo di Paul all’inizio di ogni parte è utile per una lettura spezzettata, ma non per una continuata, dove risulta quasi pedante. Inoltre nella prima parte non è presente alcuna suspense sul finale e il tutto risulta essere quasi una lunga introduzione.
Ottimi i brevi extra in cui King parla dell’ispirazione per il romanzo e di alcuni delle scelte narrative: da leggere assolutamente.