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Non certo fra i migliori
Simenon ci abitua troppo bene, perché leggere i suoi romanzi costituisce sempre un’esperienza nuova e assai piacevole. Non è infrequente dire che si trova di fronte a degli autentici capolavori e quindi è evidente che quando ci si accinge alla lettura di un suo romanzo le aspettative sono molte. Capita, tuttavia, peraltro raramente, che queste aspettative vadano deluse e questo è accaduto con La casa dei fiamminghi, un poliziesco con protagonista l’inossidabile commissario Maigret, questa volta non in veste ufficiale, anzi addirittura chiamato come investigatore da una delle parti in causa. La vicenda di per sé è semplice e proprio per questo mi sarei aspettato che Simenon avesse lavorato maggiormente sui personaggi, che la sua analisi psicologica fosse più approfondita, e invece non è stato così tanto che gli attori di questa commedia della vita non riescono ad assumere un volto, restano sostanzialmente delle ombre, delle semplici comparse, quando invece dovrebbero essere dei protagonisti. E poi la conclusione, con Maigret che nulla mette in pratica per far arrestare il colpevole mi ha lasciato di stucco, perché non è che ci si trovi di fronte a una vittima che si ribella ad anni di angherie, ma a un personaggio che, con mente lucida, premedita un feroce omicidio. Insomma, se non fosse per la bellissima descrizione del fiume Mosa in piena, questo romanzo non sarebbe diverso da tanti insignificanti gialli di anonimi autori.
E sì, da Simenon ci si attende senz’altro di più.
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