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Il potere taumaturgico dell'acqua
Bompiani pubblica Acque morte di Simon Beckett, offrendo l’opportunità di leggere un nuovo romanzo della serie che l’autore inglese ha dedicato a David Hunter. Questo ciclo narrativo ha incontrato una straordinaria fortuna, vendendo più di venti milioni di copie e ottenendo un particolare successo in Germania e nei Paesi scandinavi.
Lo spunto iniziale di questa serie venne in mente all’autore dopo una sua visita alla famosa o famigerata “Body Farm” che, conosciuta anche come University of Tennessee Anthropological Research Facility, è uno dei luoghi più importanti al mondo per lo studio sulla decomposizione dei cadaveri. E David Hunter è infatti un celebre antropologo forense, che proprio in occasione de La voce dei morti, è incappato in qualche inciampo professionale, dal quale cerca di recuperare in Acque morte, che arriva a noi con la traduzione di F. Coppola.
Venerdì sera: tempo di accantonare il lavoro, rilassarsi, magari bere un bicchiere o due al pub e prepararsi per il fine settimana. Non per David Hunter, però, che riceve una telefonata dall’ispettore Lundy, che gli chiede aiuto nell’identificare un cadavere. Un corpo in avanzato stato di decomposizione è stato ritrovato a Backwaters e la polizia ha bisogno di ogni aiuto possibile. Per le forze dell’ordine l’identità più probabile per quel cadavere è quella di Leo Villiers, rampollo trentunenne di una ricca famiglia locale, scomparso da settimane: la polizia è sotto pressione per risolvere il caso e ha già una narrazione plausibile. Leo aveva una relazione con una donna sposata, Emma Derby: anche lei scomparsa, e molto probabilmente Villiers ha prima ucciso lei e poi si è suicidato. Ma Hunter non è convinto: mancano piedi e mani e la faccia non si può più identificare, non se la sente di riconoscere come valida la traccia offerta dalla polizia. E quando le paludi e gli acquitrini lasciano trapelare nuovi segreti, David capirà di essere finito in una ragnatela di segreti di famiglia, bugie e risentimenti, e che i vivi, come al solito, sono ben più pericolosi dei morti.
Un libro per palati “duri”, ma interessante ed avvincente.