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VENT'ANNI DI RABBIA
Le serie letterarie incatenano come le cattive abitudini: i personaggi diventano vecchi amici, si familiarizza con i luoghi e le città in cui si ambientano le storie, si segue fedelmente il ritmo, ci si adatta perfino ai difetti.
Karin Slaughter è un’ottima narratrice. Sa miscelare descrizione e azione, idiosincrasie e ferite interiori dei personaggi, ironia e suspense. È maestra nel costruire magnifiche sorprese, legandole a fili narrativi sottili ma robusti. Ha un indubbio talento nella cucina, ottenendo sapori forti, “al sangue”. Ma c’è un ingrediente con cui esagera sempre, ed è proprio il sangue: i suoi personaggi ne spandono anche troppo, subendo fratture e ferite e dissanguamenti che un essere umano reale non potrebbe mai superare in una vita sola.
Will Trent, il personaggio principale, può vantare il primato assoluto in vecchie cicatrici e nuovi ematomi. Non toglie volentieri la maglietta, per non mostrare i segni delle torture che gli hanno inferto quando era bambino. Ha molto da nascondere, ma non gli manca il coraggio di vivere e di lottare. Le sue debolezze concorrono a rafforzarlo, ma non lo aiutano ad amare, perché per amare bisogna mostrarsi nudi. Le donne che lo amano lottano e subiscono insieme a lui, accanto a lui e contro di lui, in una danza di attrazioni e repulsioni che non finisce mai di stupire.
I personaggi femminili sono complicati, talvolta ambigui, mai stucchevoli. Angie, la dark lady per eccellenza, bambina ferita senza speranza di redenzione, non è poi così nera come appare, ed esibisce per il suo pubblico un insolito miscuglio di passione e aridità, fragilità e forza. Sara, l’amante dolce e ardente, anche lei con un passato dal peso specifico altissimo, non manca di ostinazione e di rabbia; mentre la sua intelligenza non di rado lotta inutilmente con il suo cuore. Faith, collega e sorella, guerriera dagli amori fugaci e madre solitaria, complice assoluta nel lavoro e nella vita di Will. E infine Amanda, madre tirannica, irriducibile nel punire e nel proteggere, leader d’acciaio e di solitudine.
Atlanta è il teatro in cui questi quattro personaggi intrecciano le loro storie, e gioca con eleganza il ruolo di quinto personaggio principale. Il noir, ancora una volta, si rivela efficace nel narrare il dramma sociale con le brutture, le contraddizioni, le ineguaglianze, l’inesauribile ferocia.
Le serie letterarie creano dipendenza, ma non hanno effetti collaterali. Approfittiamone.