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La balera da due soldi
Maigret e le vacanze non vanno d’accordo. A differenza di ‘All’insegna di Terranova’, questa volta la sua signora riesce a partire per l’Alsazia dove resta ad attendere il marito che si fa invischiare in quello che oggi (ma non nel 1931 in cui il libro fu scritto) si definirebbe un ‘cold case’. Un condannato a morte gli racconta di aver assistito anni prima a un delitto e di avere per un po’ ricattato il colpevole, ma gli dà come unico indizio la balera del titolo. Un incontro casuale mentre si ta provando una uova bombetta vi fa giungere infine il commissario: si trova lungo la Senna a sud di Parigi, dove le famiglie che se lo possono permettere trascorrono i fine settimana. Qui entra in contatto con un gruppo di piccolo borghesi – un impiegato troppo attaccato alla bottiglia, un imprenditore e un negoziante accompagnati dalle relative mogli – al cui interno ci scappa subito un altro morto: non si capisce bene se si tratti di omicidio o suicidio, ma il presunto assassino fugge costringendo Maigret a un supplemento di lavoro. Tornato in città, egli si mette a passare al microscopio le vite e gli affari di tutti gli interessati, scoprendo ben presto che quella che dall’esterno potrebbe sembrare una banale vicenda di corna nasconde più concrete questioni economiche, con il bisogno di soldi che fa da sottofondo a tutto quanto. Il consueto squallore avvolge i personaggi e le loro aspirazioni per le quali si rivela regolarmente necessario il passo più lungo della gamba: i coniugi Feinstein sono decisamente male assortiti, ma anche i Basso si rivelano divisi da segreti inconfessabili con un marito che non pare meritare la dedizione della moglie. Detto che pure gli strati più umili non vengono risparmiati dall’avidità attraverso il tubercolotico Victor, la simpatia (o quantomeno l’empatia) di Maigret è più che altro rivolta all’impiegato James, ennesima figura borderline per la quale la sconfitta nella vita alleggerisce in parte le colpe. Date certe somiglianze, non è difficile individuare in anticipo il colpevole, ma questo è un giallo anomalo in cui l’ambientazione e l’interazione fra le singole figure sono più importanti dello svolgimento della trama. Simenon è bravo nel trasportare il lettore dall’afa parigina ai divertimenti, in fondo mediocri, della villeggiatura fluviale per poi virare verso una scena madre di intensità forse eccessiva ambientata in una povera casa di campagna restituita alla perfezione con poche pennellate.