Dettagli Recensione
Una Norvegia cupa e ammalata
Eccoci alle prese col secondo capitolo della trilogia ideata dallo scrittore norvegese Ingar Johnsrud, che ha come protagonisti i due detective Fredrik Beier e Kafa Iqbal.
"I cacciatori" è il seguito diretto de "Gli adepti", e racconta un'indagine apparentemente separata dalla prima (e comprensibile anche a chi non ha letto il primo libro), ma che segue un unico filo conduttore.
Posso dire, avendo letto anche il prequel, che l'autore alza leggermente l'asticella della qualità, gestendo meglio e aumentando i momenti di suspence e allontanandosi un po' dagli stereotipi dei quali era pieno "Gli adepti", riuscendo a incuriosire il lettore e spingendolo, per buona parte del tempo, a voler andare avanti nella lettura.
Personalmente, l'autore ha generato in me la curiosità necessaria a voler sapere come si conclude la storia e quindi a leggere il terzo libro. Questa non è una cosa banale, considerando che mostri sacri come Stephen King non ci sono riusciti, ad esempio con la sua ultima trilogia che ha come capostipite "Mr. Mercedes".
Dunque complimenti a Johnsrud.
Beier è prigioniero della sua sofferenza, di un passato che lo tormenta e non gli permette di andare avanti con una vita normale, prendendosi cura dei suoi affetti.
Il ritrovamento di due cadaveri che in apparenza appartengono allo stesso uomo, porterà Beier e Kafa Iqbal a lavorare nuovamente insieme, dopo un inspiegabile allontanamento. Tuttavia, non è il ritrovamento del "doppio cadavere" il vero fulcro di questa storia, né il fattore più misterioso. Ci troveremo nel bel mezzo di intrighi che coinvolgono molte persone importanti, i servizi segreti, lo stato norvegese e la Russia.
Anche in questo sequel, ci troveremo a seguire una storia parallela raccontata in flashback, che ci spiega cosa ha portato ad alcuni avvenimenti del presente senza distogliere troppo l'attenzione dalla storia principale.
"Senza la morte, la vita non avrebbe valore. Le cose eterne non valgono nulla. L'aria, per esempio. Priviamo dell'aria una persona per una minima frazione della sua vita, e tutto svanisce. Bastano dieci minuti, per chiunque di noi. Eppure l'aria non ha valore. Ce n'è talmente tanta che la crediamo eterna."