Dettagli Recensione
Sono molto vicino....all'umanità
"La superficie, la superficie, la superficie, ecco l'unica cosa in cui ciascuno trovava un qualche significato...”
Non sei un lavoro prestigioso a Wall Street, non sei il contenuto della tua AmEx o del tuo portafogli preso da Bottega Veneta, non sei il tuo abito Valentino o la tua cravatta Paul Smith, non sei nemmeno i posti che frequenti o le riviste che leggi, non sei la gemma di nulla astrale riflessa nello sguardo degli altri, non sei niente di tutto questo, e questo libro non è una lista dei marchi più chic sul mercato, non è un'accozzaglia di dialoghi tra persone appartenenti ad una generazione malsana, non è un ributtante esempio di violenza e sadismo; questa è solo la superficie, la fredda superficie, l'istintiva superficie; il fermarsi ad essa, credere di poter trovare la chiave di lettura sulla superficie del libro equivarrebbe a replicare lo stesso modus operandi con cui Bateman scruta le persone che frequenta, dal modello di scarpe al taglio di capelli. Semplicemente “American Psycho” non è lì....
Patrick Bateman è l'uomo destrutturato, è il lato spirituale annientato da uno stile di vita che è in grado di dissipare tutto ciò che è positivo, è l'angelo risucchiato dentro il maelstrom abissale di un culto che fa del Superficiale un dogma primario. Lo sfarzo, i programmi tv, le droghe, il sesso, gli omicidi,la follia fanno da cornice a un vuoto esistenziale terrificante, ad un abisso profondo e radicato, una sorta di astrazione dal reale (ma cosa è rimasto del reale?) in cui dell'uomo che c'era permane solo un male inarrestabile e mai domo, il progresso rievoca la bestia, le barriere crollano, l'uomo torna l'animale selvaggio che è sempre stato e sempre sarà....rimane una vaga idea di Patrick Bateman e questa recensione non ha alcun significato...
“E anche se non si è trattato in alcun modo di una serata romantica, mi abbraccia con un calore al quale non sono abituato. Sono talmente avvezzo a immaginarmi ogni cosa come succede nei film, a visualizzare la realtà come una serie di eventi che prendono forma sullo schermo, che mi sembra di sentire il commento musicale, e di vedere una cinepresa fare una panoramica dal basso, con i fuochi artificiali che esplodono al rallentatore sopra le nostre teste, l'immagine a settanta millimetri delle sue labbra che si aprono e il successivo sussurro: - Ti voglio, - in Dolby Stereo. Ma il mio abbraccio è freddo e avverto, dapprima confusamente e poi con maggiore chiarezza, che la tempesta dentro di me si sta gradualmente calmando, e quando lei mi bacia sulla bocca il suo gesto mi riporta a una specie di realtà e la spingo via gentilmente. Lei mi guarda spaventata. - Senti, devo andare, - dico, controllando il Rolex. - Non voglio perdermi.... Stupidi Animali Ammaestrati. “