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La resurrezione dell’avvocato Loursat
Da quando sua moglie Geneviève se ne era andata la vigilia di Natale di diciotto anni prima con il suo amante Bernard, l’avvocato Hector Loursat de Saint-Marc si era rinchiuso in una sorta di bozzolo in cui esistevano giornate sempre uguali, trascorse bevendo e fumando, in una casa troppo grande ormai, benché abitata anche dalla figlia Nicole e dalla cuoca Joséphine, soprannominata Fine, oppure la Nana, una donnetta brutta e magra. Era scattato qualche cosa nella sua testa che gli impediva di vivere, lui che poteva essere considerato un principe del foro e che, di ricca famiglia, poteva permettersi di condurre l’esistenza anche senza lavorare. Nessun dialogo con la figlia, isolato dall’esterno, più che vivere Hector vegetava, fino a quando una sera uno sparo nell’abitazione darà corpo a una serie di eventi che lo indurranno ad affacciarsi al mondo, a rientrare nella società, a essere di nuovo il grande avvocato, temuto e rispettato da tutti. Gli intrusi, scritto nel 1938 e pubblicato l’anno successivo, è un romanzo che in altre mani non sarebbe riuscito bene, ma quando l’idea viene sviluppata da un genio come Simenon non ci sono limiti alla bellezza di un’opera, in cui tutto, dico tutto, risulta in perfetto equilibrio. Se la trama è piuttosto originale, ritroviamo quello stile attento che è proprio dell’autore, con un’ambientazione che oserei definire perfetta e con un’atmosfera che, di pari passo con la rinascita di Hector, passa dal cupo grigio di giorni di pioggia all’azzurro di cieli sereni, e con un’analisi psicologica dei protagonisti - punto di forza di Simenon – che desta ancora una volta meraviglia. Inoltre, e non è una novità, scopo del romanzo è di mettere bene in evidenza le piccinerie della borghesia, un ceto fatto di stolte apparenze e di modeste sostanze,. Non c’è tuttavia cattiveria in Simenon quando descrive il procuratore della repubblica Rogissart, suo cugino per parte di moglie, il suo impegno ad evitare che lo scandalo dell’omicidio travolga anche lui, per effetto della parentela, o quando parla di una certa gioventù, in cui si mescolano ricchi e poveri, questi ultimi invidiosi dei primi, una gioventù che vive di noia e di alcool.
Hector Loursat sembra essere l’unico personaggio positivo, risorto dalla tomba e tornato alla vita cittadina, ma sarà così? Forse, anzi probabilmente no, perché alla radice c’è il problema di base, cioè quell’appartenenza a una borghesia che in ogni caso conduce una vita vuota.
Da leggere, ci mancherebbe altro.