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Da due soldi non è solo la balera
Gran brutta cosa è andare da un condannato a morte per dirgli che la sua domanda di grazia è stata respinta, ma ancor peggio è quello che lascia intendere costui e cioè che, collegato a una balera da due soldi, c’è il colpevole di un omicidio in assoluta libertà. Maigret abbocca all’amo e inizia un’indagine del tutto sconclusionata, in un ambiente che non gli è tipico, anzi dove, nonostante tutti gli sforzi, è come un pesce fuor d’acqua. Più che condurre il gioco ne è attirato, anzi quasi si lascia prendere per mano in quello che di tutti i gialli con protagonista il celebre commissario è probabilmente il meno riuscito. Le carenze sono tante, a cominciare dall’ambientazione, più artificiosa che reale, e anche le atmosfere sono forzate e rivelano a tratti qualche ingenuità. Del tutto superficiale, poi, appare l’analisi psicologica dei personaggi che si muovono a comando come dei veri e propri stereotipi. Fra bicchierini di pernod e di acquavite è già tanto se il lettore non si ubriaca, un lettore tutto teso a sbrogliare quella matassa che dovrebbe sciogliere Maigret e che invece rende sempre di più intricata. Per fortuna, stringendo i denti, si arriva all’ultima pagina, con finalmente il nome del colpevole, di cui tuttavia si è ben poco convinti; l’unica certezza è che anche a Simenon non tutte le ciambelle non riescono con il buco e che, oltre che la balera del titolo, anche questo romanzo è da due soldi.
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