Dettagli Recensione
Intelligenze alla prova
Credo che tutti gli estimatori di Larsson, abbiano appreso con stupore e perplessità la notizia che, dopo la prematura scomparsa dello scrittore, la trilogia di Millennium sarebbe proseguita, affidandone la stesura ad una nuova penna. Perplessità accresciute dalla mancanza di tracce lasciate da Larsson, utilizzabili per il proseguimento della saga, anche se era noto il suo intendimento di continuarla. Inevitabile, quindi, che la lettura del quarto episodio sia stata segnata dalla curiosità sulla riuscita dell’operazione, sulla capacità di David Lagerscrantz di non far rimpiangere troppo Larsson.
Chiusa l’ultima pagina, il giudiziopuò essere complessivamente positivo, anche se con qualche riserva. Il compito assunto da Lagerscrantz era certamente non facile, rischiando di scadere nella scimmiottatura e dovendo affrontare lo stuolo di estimatori di Larsson, pronti con i fucili puntati; inoltre non vi erano precedenti di personaggi della letteratura tenuti in vita dopo la scomparsa del loro autore, se non nella forma di sceneggiature cinematografiche o televisive. Il nuovo episodio sembra dimostrare che Larsson ha dato vita a personaggi e ad un contesto narrativo tanto solidi da reggere al cambio di scrittore. Attorno alle figure di Michael Blomkvist e Lisbeth Salander, Lagercrantz ha creato una trama che pone al centro del nuovo episodio il tema dell’intelligenza artificiale e del conflitto per impossessarsi dei risultati delle ricerche del professor Frans Balder. Un conflitto che si risolve grazie all’intervento di altre due, diverse intelligenze: quella di Lisbeth e quella del tutto particolare del figlio autistico di Balder.
Lagerscrantz rispetta i due personaggi centrali, come descritti da Larsson, anche se il ruolo di Michael Blomkvist risulta meno centrale. Tuttavia, mentre i precedenti romanzi, in particolare il primo, erano focalizzati sulla realtà svedese, di cui Larsson dava un immagine ben diversa da quella convenzionale, in questo lo scenario si allarga agli Stati Uniti, coinvolgendo la National Security Agency. Così viene meno dilatato il contesto e si perde quella rappresentazione della società scandinava che aveva costituito un elemento particolarmente interessante di Millennium.
Lo stile è molto intenso, con un’articolazione dei capitoli su brevi scansioni temporali e un’abile tecnica narrativa in grado di avvincere il lettore, con l’interruzione della sequenza nel passaggio fra capitoli, spingendo ad accelerare la lettura. Il ritmo risulta, peraltro, tanto accelerato da rendere poco verosimile la trama. D’altra parte se Raymond Chandler sosteneva che il primo requisito di un buon romanzo giallo (o nero) deve essere la credibilità, requisito rispettato da Larsson in “Uomini che odiano le donne”, qui siamo in piena spy story, un filone in cui la plausibilità non è così essenziale, come insegna Ian Fleming.
L’entrata in scena di Camilla, nuova figura antagonista nei confronti di Lisbeth apre la strada al proseguimento della saga. D’altra parte è scontato che le galline dalle uova d’oro debbano essere tenute in vita il più a lungo possibile.