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i buchi della vita non si chiudono più..
Anche chi nella propria vita non è mai stato un pendolare può facilmente immaginare che il dilemma, il cruccio più grande per un viaggiatore cronico è quello di trovare un modo piacevole per trascorrere i minuti, le ore necessarie per giungere a destinazione.
Le alternative sono diverse e mi piace pensare che, a seconda della scelta, si possa anche intuire qualcosa sulla personalità del pendolare: c'è chi in treno si lascia cullare dal suo movimento sussultorio e, incurante del rumore di sottofondo, anzi forse incoraggiato da esso, si addormenta senza remore e senza vergogna e senza timore di perdere la propria fermata perchè ormai il suo orologio corporeo è perfettamente sincronizzato con la corsa del treno.
C'è invece chi, tendenzialmente dotato di una personalità più dinamica e solerte, preferisce impiegare quel tempo leggendo, lavorando, giocando, chattando o genericamente cazzeggiando; rientrano in questa categoria anche gli iper-loquaci, facilmente riconoscibili perchè cercano sempre posti poco isolati, e hanno bisogno di parlare, parlare, non importa di cosa o con chi, l'importante è parlare.. inutile dire che sono mal visti dalla precedente categoria.
Poi c'è il sognatore, ipnotizzato dallo scorrere comunque mutevole del mondo al di là del finestrino, con lo sguardo puntato all'infinito e la mente persa nell'indefinito.
E infine c'è chi, come Rachel, 32 anni, nel suo viaggio giornaliero di andata e ritorno verso Londra, osserva. E pensa.
Pensa a quando era felice mesi prima nella sua casa al civico 23 di Blenheim Road, proprio vicino ad una delle fermate del suo treno che adesso non è più la sua fermata, perchè quella non è più casa sua: ci vive ancora il suo uomo Tom, con la nuova compagna Anna, tanto lesta nel rubarle l'uomo quanto spregiudicata nell'occupare quella casa che lei ha tanto desiderato ed amato.
I pensieri corrono indietro nel tempo mentre il treno procede nella sua corsa, vuole capire Rachel come ha potuto perdere tutto ciò che aveva conquistato, Tom, la casa, il lavoro, la sua dignità; ma non ricorda, ora la sua mente è offuscata dall'alcol che è diventato l'unico suo compagno di vita, l'unico in grado di darle conforto, se non fosse per quel suo maledetto difetto di annebbiarle la memoria. Così i suoi pensieri si interrompono, come se finissero su un binario morto.
"Ho perso il controllo di tutto. Anche dei luoghi che si trovano dentro la mia testa."
E lei non può far altro che colpevolizzarsi, se non avesse iniziato a bere i suoi litigi con Tom non sarebbero degenerati e Tom non sarebbe caduto tra le braccia, e le gambe, di quell'altra; Tom le voleva bene e non l'avrebbe mai tradita se lei non l'avesse portato all'esasperazione.
La sua vita sarebbe potuta scorrere felice e serena come quella della coppia che abita poco più in là, al civico 15: li osserva mentre sono in veranda a colazione, può notarne i particolari perchè il treno rallenta per il semaforo proprio vicino alla loro abitazione.
I loro visi sono radiosi, gli sguardi complici, si amano. Senza dubbio.
"Loro sono ciò che io ho perso. E tutto quello che voglio essere."
O questo almeno pensa Rachel quando osserva dal treno; scoprirà ben presto che la vita dall'altro lato del finestrino non sempre è come appare.
Scesa dal treno, la sua vita s'intreccerà con quella di Anna e Megan, la giovane donna che abita al civico 15 e che improvvisamente scompare senza lasciare alcuna traccia.
La narrazione, inizialmente affidata a Rachel, la ragazza del treno, viene così condivisa con le altre due protagoniste femminili del romanzo, Anna e Megan; si raccontano, si confessano, riemergono ricordi, esperienze drammatiche vissute tempo prima ma con cicatrici ancora non rimarginate e progressivamente emerge l'immagine di tre donne facilmente soggiogabili, ciascuna con un proprio demone da combattere, che sia l'alcol o un trauma del passato o il timore di perdere quanto conquistato.
Sono tre potenziali vittime delle loro stesse debolezze, contro cui cercheranno alla fine un tentativo di rivalsa.
"Sentirsi vuoto: lo capisco perfettamente. Comincio a credere che non esista una soluzione. L'ho imparato dalla psicoterapia: i buchi della vita non si chiudono più. Devi crescere intorno a loro, come le radici che affondano nel cemento, e devi rimodellarti intorno alle crepe."
Romanzo dai chiari connotati del thriller psicologico che riprende un tema ormai abusato e prevedibile perchè comune a tanti romanzi dello stesso genere pubblicati di recente: spesso il male cova e si cela dove meno ci se lo aspetta, nella quotidianietà di un ambiente familiare apparentemente felice e sereno.
Tuttavia, a fronte di una trama che non eccelle per originalità, la lettura rimane comunque piacevole grazie ad una prosa molto fluida e scorrevole... rapida come un freccia rossa.
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