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The chemist. La specialista
 
The chemist. La specialista 2016-12-16 10:23:20 Mian88
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Mian88 Opinione inserita da Mian88    16 Dicembre, 2016
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Alex.

Legalmente la Dottoressa Juliana Fortis è deceduta. In realtà, Jules, o Caty, o Casey, o Alex è in fuga da ben tre anni: l’agenzia per la quale prestava la sua opera intellettuale, ha deciso che il momento del suo ritiro fosse giunto talché prima si è sbarazzata del collega scienziato, il Dott. Barnaby, per poi passare alla sua posizione. Ma Juliana/Alex li ha preceduti ed è riuscita a fuggire. Adesso, dopo ben 1095 giorni, i servizi, per il tramite del Dott. Carston, sono riusciti a rintracciarla e a mettervisi in contatto; è assolutamente necessario che riprenda il suo lavoro, un grave rischio batteriologico si abbatte sulla popolazione mondiale e soltanto lei, con i suoi strumenti e le sue tecniche, è in grado di arginarla. In cambio della collaborazione, la promessa di essere lasciata in pace, di tornare ad essere padrona della sua vita.
Così, dopo mille titubanze e precauzioni, Alex accetta la proposta mettendosi immediatamente alla ricerca di Daniel, docente di storia, e presunto collaboratore del sicario che sta progettando l’epidemia. Sin dal momento però in cui ella viene in relazione con lui, si rende conto che qualcosa non torna e che le informazioni che ha ricevuto non solo non combaciano con la realtà ma che l’accusato è in verità innocente. Purtroppo detta consapevolezza avviene successivamente all’inizio della procedura atta a ricevere le informazioni necessarie; Alex è pentita, ha sempre svolto il suo lavoro nel migliore dei modi perché consapevole del fatto che da quanto ricavato ne sarebbe derivato il bene non solo della nazione ma in alcuni casi anche planetario, eppure mai le avevano fornito false piste dirette a farla indagare su un non colpevole. La situazione si complica ulteriormente quando sulla scena dell’interrogatorio sopraggiunge Kevin, presunto fratello deceduto, del professore. Ed è proprio con il suo arrivo che la verità viene a galla, che l’intrigo dell’agenzia dei servizi segreti viene svelato in quella che è una delle sue mutevoli forme e sfaccettature, e che le prede che avrebbero dovuto eliminarsi a vicenda, si alleano. Avendo dando vita ad un piano ben articolato e finalizzato a conseguire la reciproca libertà, i tre faranno di tutto per attuarlo.
Con questa nuova avventura Stephenie Meyer si stacca nuovamente – come in “The Host” – da quello che è il filone vampiresco che l’ha resa nota, dando vita ad una storia piacevole e sufficientemente solida. Molteplici sono i caratteri che la differenziano dal passato, in primo luogo, spicca la scelta della protagonista: Alex, non è affatto una donna debole, anzi. Ella è perfettamente capace di badare a se stessa, è autosufficiente e indipendente. Ma è anche anaffettiva. Non ha minimamente idea di cosa siano le relazioni interpersonali, pertanto quando Daniel si dimostra interessato a lei come donna e non come “specialista”, resta interdetta, non concepisce quale plausibile e possibile il dato di fatto. Il suo approccio ai sentimenti è di tipo scientifico, li affronta con distacco, come se si trovasse di fronte ad un problema matematico da risolvere. Sarà proprio quest’ultimo, figura maschile calma, placida, diplomatica, pura, inesperta e se vogliamo dirle tutte, più debole per sensibilità ed empatia, rispetto alla stessa e al consanguineo, a renderla più umana. I fatti sono inoltre a metà tra realtà e finzione toccando un aspetto concreto – quello degli agenti – mixato ad un carattere di fantasia.
L’opera nel suo complesso si fa apprezzare ed invoglia il lettore a proseguire nello scorrimento delle battute ma risulta altresì essere a tratti farraginosa, forzata, pesante. La scrittrice, infatti, calca eccessivamente sull’aspetto militaresco tanto che le azioni che fa compiere alla dottoressa nonché a Kevin, sono percepite quali surreali, improbabili, inconcepibili. Elemento questo, dunque che fa perdere in parte di smalto allo scritto. Ciò non toglie che l’avventura sia gradevole e che meriti di essere letta, semplicemente ne inficia sul grado di apprezzabilità.
In conclusione, un elaborato interessante con cui la Meyer dimostra non solo di essere capace di staccarsi dal solito filone di appartenenza, ma soprattutto di averne la volontà. Se deciderete di leggerlo, vi consiglio di approcciarvi a questo come OPERA AUTONOMA, ovvero, non aspettatevi di trovarvi ne di fronte a un “Twilight2 la vendetta”, ne tantomeno ad un “The Host parte seconda, il ritorno”. No. “The Chemist, la specialista”, è un romanzo a se stante per contenuto che per problematiche e pertanto non può essere paragonato ai precedenti dell’americana, in quanto, se così fosse, perderebbe della propria autenticità.

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