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L'Ufficio delle Vite Perdute.
Esiste un ufficio delle vite perdute?
Convinta da un paio di recensioni folgoranti mi sono lanciata su questo romanzo giallo piena di aspettative. Che non sono andate deluse.
Va detto che il mio rapporto con il genere è ambiguo.
O meglio. Mi piacciono i gialli, ma non mi piacciono la maggior parte dei gialli che leggo; a mio avviso semplici pretesti per narrarci le gesta di “detective” belli & dannati/fatti & strafatti/tormentati & tormentanti, denunciare turpi realtà, ammannire ricette, metterci una bella (?) scena talamica, descrivere paesaggi e dialetti della nostra bella italia (e non solo) et similia.
Tutte cose carine, graziose e lecite, per carità.
Ma perché SEMPRE il pretesto del giallo che poi la gonza ci crede e si aspetta gli indizi, l’indagine, la trama che si dipana e poi ci rimane male?
Qui abbiamo un giallo ambientato a Giverny, Normandia, il buen retiro di Claude Monet.
Uno stimato medico del posto, appassionato di arte ed impenitente dongiovanni, viene ucciso brutalmente, a pochi metri dallo stagno delle ninfee.
Indaga il fascinoso (e a tratti un po’ troppo convinto del suddetto fascino) ispettore Laurenç Sérénac, occitano, finito in Normandia – pare – per mettere abbastanza chilometri fra sé e la sua famiglia. Al suo fianco l’immancabile ligio gregario, Sylvio Bénavides.
La storia viene narrata attraverso gli occhi di tre personaggi: una scorbutica vecchia signora (“La portinaia del paese. Un riccio senza eleganza”), una maestra bellissima ed inquieta ed una bambina piena di talento (ovviamente per la pittura).
Non sembra uno dei succitati stucchevoli cliché dei suddetti finti gialli?
Per dire Laurenç c’ha pure il giubbotto di pelle e gira in moto e diciamo che fa qualcosa più di un pensiero poco casto sulla maestra che, da parte sua, non sembra schifata dalla cosa.
Invece no.
Va detto che come giallo non è completamente “onesto”, ma ha quello che ai miei occhi è un merito straordinario: che ad un certo punto hai l’impressione di aver capito tutto (e ti senti anche intelligente per questo, ma sbuffi annoiato "un ecco lo sapevo!").
E Invece no.
Ma proprio no.
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Commenti
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Credo che la schiettezza sia un privilegio dell'età.
Buona lettura!
Spero ti risulti gradito.
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