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L’angoscia dell’uomo in un mondo senza certezze
Se già con “Il giudice e il suo boia”, breve romanzo apparso per la prima volta nel 1952, Friederich Durrenmatt affronta il tema del rapporto uomo-giustizia, sottolineando la difficoltà di stabilire una verità assoluta che riporti ordine in una realtà confusa quale è quella del mondo contemporaneo, ne “La promessa”, egli porta il tema su un piano ancor più esasperato, con l’intento di dimostrare l’inutilità di ogni indagine in siffatto mondo. Non a caso il sottotitolo di quest’opera è “Un requiem per il romanzo giallo”. La storia si svolge in un paesino della Svizzera, dove viene ritrovato il cadavere martoriato di una quattordicenne. L’omicidio viene immediatamente classificato come delitto a sfondo sessuale. È l’ ispettore Matthai, a qualche ora dal pensionamento, ad occuparsene. Egli si assume l’onere di comunicare la terribile notizia ai genitori della giovane vittima, si fa partecipe del loro immenso dolore e, profondamente commosso, promette di scoprire e arrestare il colpevole. Sarà questa promessa a condizionare il resto della sua vita. Egli, infatti, non si accontenterà delle indagini affrettate dei suoi colleghi che vogliono identificare il colpevole nella persona di un ambulante, abituato a vivere di espedienti e già accusato di reati sessuali. Allontanato dal suo ufficio, perché ormai non più in servizio attivo, Matthai conduce le indagini per suo conto, ulteriormente impressionato dal suicidio dell’ambulante ormai incriminato. Qui comincia la vera ossessione di Matthai, la sua lotta per stabilire la verità, una lotta contro una realtà tanto mutevole e ingannevole quanto sfuggente. Ed è questo il punto centrale del romanzo: i meccanismi di indagine e di giudizio sono inadeguati a cogliere i fatti nella loro autenticità. L’uomo non è in grado di orientarsi nel caos che lo circonda. E come ne “Il giudice e il suo boia” vittima e carnefice sono indissolubilmente legati, così ne “La promessa” l’investigatore, assillato dall’idea della giustizia, rimane vittima di se stesso e di quel male di vivere che domina il mondo.
Da questo romanzo, scritto in maniera mirabile, Sean Penn trasse l’omonimo film, con Jack Nicholson come protagonista. La storia naturalmente fu adattata alla realtà americana, e se pure parzialmente diversa, lo spirito e il messaggio sono fedeli al testo: una visione del mondo piuttosto pessimistica ma ben aderente al disagio esistenziale dell’uomo moderno.
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E' un libro che si fa leggere anche per la scrittura : imperdibili le pagine, verso la fine, del colloquio-interrogatorio con l'anziana 'vedova' .
Ultimamente, dell'autore, ho riletto "La panne", romanzo breve e fulminante : se ne esce affascinati per la qualità letteraria e scossi per lo svelamento di verità che magari riguardano molte persone 'insospettabili' .