Dettagli Recensione
La Tragedia
Sono passati quattro anni dai fatti del precedente romanzo, “La verità sul caso Harry Quebert”, in cui Marcus Goldman, astro nascente della letteratura americana, si era scoperto detective improvvisato in un caso di omicidio che aveva coinvolto un suo professore universitario nonché maestro di vita.
Joel Dicker rispolvera il personaggio principale del fortunato esordio che lo ha fatto conoscere al grande pubblico e anche stavolta, ne “Il libro dei Baltimore”, emerge la figura del protagonista-scrittore capace di portare alla luce vecchie verità e segreti inconfessabili, in una sorta di catarsi liberatoria.
Al centro della lente di ingrandimento c’è una grande famiglia, quella dei Goldman.
Ci sono i Goldman di Montclair, nel New Jersey, di cui fanno parte Marcus e i propri genitori. Una tranquilla famiglia della classe media.
E poi i Goldman di Baltimore, capitanati dallo zio avvocato, dalla zia dottoressa e dai cugini di Marcus, Hillel e Woody. Quattro elementi che sembrano appartenere ad un’altra specie. Disinvolti, venerati, facoltosi.
La vicenda narrata inizia nel 2004, quando lo zio Saul chiama Marcus pregandolo di recarsi urgentemente a Baltimore. Manca un mese alla cosiddetta “Tragedia”.
Otto anni dopo, nel 2012, Marcus decide di raccontare la storia della propria famiglia tra gli anni dell’infanzia, dell’adolescenza e delle vacanze trascorse con i cugini nelle numerose e sfarzose residenze dei Goldman di Baltimore. Fino al giorno della “Tragedia”.
Il romanzo ha molti punti di contatto con la precedente opera. Innanzitutto il medesimo e collaudato espediente che divide la narrazione tra passato e presente, come in un gioco a livelli in cui per muoversi verso le tappe successive, verso il futuro, è necessario aver completato i passaggi precedenti.
Rimane, come già anticipato, la figura dello scrittore che indaga e scopre la verità. Cambia totalmente la materia di analisi. Il primo romanzo, un giallo in piena regola, affrontava la risoluzione di un omicidio. Questo romanzo non è un poliziesco, ma una saga familiare lunga più di venti anni.
Ad una buona prosa e una capacità indubbia di intrattenere il lettore si contrappongono dialoghi non sempre all’altezza, esageratamente carichi di emozioni e sentimenti forzati o pronunciati da personaggi vagamente stereotipati. Difetti che, in minor parte, affliggevano anche “La verità sul caso Harry Quebert”.
Che un ramo familiare, i Goldman di Baltimore, sia composto da un famoso avvocato, da una stimata dottoressa, da un ragazzino che a dieci anni tiene testa a presidi scolastici e insegnanti dimostrando profonde conoscenze storiche e politiche, dall’altro figlio dotato di un fisico tale da poter eccellere in qualsiasi sport, i quali vanno ad aggiungersi ad un cugino divenuto scrittore affermato e ad una celebre cantante, mi è parso fin troppo eccessivo. Inoltre le tematiche affrontate sono talmente tante che il testo, in alcuni punti, finisce per ricordare una soap opera pomeridiana.
Al netto di questi evidenti limiti, e di un intreccio meno interessante e accattivante del precedente, il romanzo raggiunge una risicata sufficienza parlando della bellezza fragile dell’adolescenza, di quelle promesse di tenera fedeltà che facciamo da ragazzini e che poi a volte scopriamo di non poter mantenere, dei mali che si possono annidare nelle famiglie quando l’invidia e i sotterfugi prendono il sopravvento. E se ho letto quasi 600 pagine in pochi giorni, evidentemente il libro non manca di scorrevolezza e buona gestione del ritmo narrativo.
Indicazioni utili
Commenti
5 risultati - visualizzati 1 - 5 |
Ordina
|
5 risultati - visualizzati 1 - 5 |
Federica