Dettagli Recensione
irregolare ma affascinante
C’è un tal Heurtin, abbastanza suonato, che sta per finire sulla ghigliottina per gli omicidi di un’anziana riccona statunitense e della di lei dama di compagnia: l’ha arrestato Maigret, che però non è convinto e riesce a farlo scappare nella speranza che lo aiuti a rintracciare il vero colpevole. Seguendolo, il commissario si imbatte in Crosby, gaudente nipote della defunta coinvolto in uno strano triangolo tra moglie e amante, e in Jean Radek, uno stravagante céco che condivide l’ambiente del primo, ma non il portafoglio. Quest’ultimo ingaggia con il poliziotto una sorta di braccio di ferro mentale che porta a una conclusione già presumibile a metà del romanzo, ma non è di certo lo svolgimento giallo il punto di forza di questa quinta indagine del funzionario parigino. Mentre l’inchiesta procede su di un bianrio a volte traballante, Simenon si concentra sulla caratterizzazione di situazioni e personaggi: gli esseri umani visti da un’angolazione del tutto pessimista – non si sa se sia peggio la deboscia dei ricchi o la grettezza degli strati più popolari – e le psicologie delineate con estrema precisione, come spesso accade nei romanzi ‘altri’ dell’autore. Benché sia Heurtin, sia Crosby non passino inosservati, l’attenzione dello scrittore è tutta per Radek, figura detestabile eppure pietosa nella quale si agitano i germi di molti protagonisti di svariati noir anche molto di là da venire (la stesura è del 1931): di fronte a lui, sta un Maigret sgraziato e musone, più scostante ancora di quello protagonista dei primi volumi del ciclo, che in comune con il pacioso piedipiatti presente nell’immaginario collettivo ha, oltre alle dimensioni, solo la capacità di osservare con acutezza, di attendere in surplace e, ovviamente, di investigare senza paraocchi. A bilanciare i pregi ci sono le forzature della trama e i due lunghi spiegoni – Maigret riepiloga gli eventi prima a se stesso e poi al giudice – che ripartono dall’inizio della vicenda facendo nascere il sospetto che ci fosse l’esigenza di rimpolpare un po’ le pagine di un lavoro conosciuto in Italia anche come ‘La testa di un uomo’, ‘Maigret e la vita di un uomo’ e’Maigret e una vita in gioco’: ignorandola, però, ci si perderebbe la Parigi malinconica che scivola nell’autunno e poi nell’inverno intonandosi come meglio non si potrebbe ai brumosi animi dei personaggi.