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I piatti della bilancia
Ciò che si è e ciò che si fa. Le due cose quasi mai coincidono.
Baptiste Dupré fa l'avvocato: ha sposato la bella Anne ed ereditato lo studio e la clientela del suocero, uno dei più prestigiosi avvocati parigini.
Ma Baptiste Dupré è un giocatore. Lo è per natura. Lo è sempre stato, ben prima di dedicarsi seriamente alla professione legale.
Ciò che si è, prevale. Una moglie desiderabile, una bella casa, una macchina elegante, non hanno potere contro la noia, l'insoddisfazione che nasce dal non poter assecondare la propria natura. Baptiste ricomincia a cercare nel sottobosco della notte parigina qualcuno da sfidare, persone che possano stargli alla pari. Finisce ad un tavolo di poker nel retro del Royal Etoile, a giocare con un ex campione di automobilismo, un uomo d'affari libanese, due imprenditori e un giocatore professionista, Pierre Leguen.
Chi sembra più interessato d'ogni altro a quelle partite notturne, però, è Franck Moreno, il proprietario del locale. E quando Baptiste comincia a perdere...
Al suo terzo romanzo, Jean-Michel Guenassia accantona il racconto di storie nella Storia, che aveva caratterizzato i suoi libri precedenti, e intreccia due temi “forti” della letteratura: quelli del “sosia” e del destino personale.
Mette i suoi protagonisti sui due piatti della bilancia: Baptiste Dupré è all'apice, e da lì comincia la sua irrefrenabile discesa; Pierre Delaunay è invece al suo punto più basso – in carcere da innocente – e, in forza di un puro colpo di fortuna colto al volo dal suo amico Moreno, intravede la speranza di una risalita.
La scrittura di Guenassia, nel dipanare il filo del racconto, è scorrevole ed essenziale. Ma siamo lontanissimi dal suo splendido libro d'esordio: “Il club degli incorreggibili ottimisti”, nel narrare la storia dei dissidenti dell'Est attraverso lo sguardo di un ragazzino curioso, aveva un respiro epico. Non a caso nel 2009 ha vinto il Premio Goncourt (il maggior premio letterario di Francia).
“La mano sbagliata”, invece, ha la sua parte migliore nei finali e controfinali che si susseguono, e che chiudono inesorabilmente il cerchio attorno ai personaggi principali, l'uno dopo l'altro. Beninteso, non si tratta di un classico giallo. A un certo punto quei finali viene naturale immaginarli, ma non è detto che li si indovinino: segno, al di là della semplicità della storia, di un intreccio ben strutturato.
“Se davvero vedete tutto, sapete che non ho fatto niente di male.”
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