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Gioco di specchi
Un romanzo costruito con cura, L’ombra del vento di Zafon tradisce l’eredità dei grandi del passato, da Dickens a Dumas, a Hugo e rivela l’influenza del romanzo gotico. Nè si può ignorare che il romanzo di iniziazione per antonomasia, il romanzo picaresco, nasce in Spagna con il Lazarillo de Tormes e la storia di Daniel Sempere altro non è che un’avventura picaresca, un percorso a tratti doloroso attraverso la vita, che lo conduce alla maturità e alla consapevolezza. Il suo amore per Bea, l’amicizia persa e ritrovata con il fratello di lei Tomàs, sono lo specchio d’una storia di anni precedenti che aveva visto protagonisti Julian Carax, scrittore incompreso, autore di un romanzo dal titolo “L’ombra del vento”, la sua amata Penelope e il fratello Jorge. Un romanzo nel romanzo, più romanzi nel romanzo se si considerano altre vicende e altri personaggi collaterali, non meno importanti come Nuria Monfort, Fermìn Romero de Tormes e il perfido Fumero, sempre al servizio del più forte, spregevole sia nella vita privata che come rappresentante del regime. Ed è il regime franchista che si rivela qua e là nel corso della narrazione che aggiunge all’opera l’impronta del romanzo storico.
Questo gioco di specchi che si alternano con un avvicendarsi di personaggi e fatti appunto speculari è tenuto insieme dall’elemento centrale del racconto, il volume ritrovato da Daniel nel Cimitero dei Libri Dimenticati. È l’ultima copia dell’opera di Julian Carax che scatena la lotta tra il bene e il male e getta su alcuni personaggi un’ombra inquietante che ci riporta alle atmosfere create da un Horace Walpole o da Mary Shelly. La stessa Barcellona, impressa nell’immaginario collettivo con gli smaglianti colori di Gaudì o di Mirò, assume le fosche tinte della nebbiosa e umida Londra di Dickens.
L’impianto del romanzo sembra essere costruito con attenzione e precisione quasi scientifica: i riferimenti culturali sono numerosi e nell’insieme si tratta di un’opera che può essere letta anche dai più giovani, proprio per la sua trama avventurosa e per quel finale un po’ melodrammatico. Il vero messaggio, sia pure subliminale, consiste nella certezza che la letteratura, la pagina scritta, le parole hanno più vita degli esseri viventi. Esse si animano e si rianimano ogni volta che qualcuno le sfoglia o le legge. La pagina scritta può contenere in sé il dono dell’eternità , può entrare in sintonia col lettore, rappresentare le sue speranze o le sue delusioni.
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Commenti
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Fa sempre piacere leggere una bella recensione così colta.
Ti devo dire però che non riesco a collocare questo romanzo ad un livello artistico. Ha molti ingredienti, forse troppi, atti a dare leggibilità al testo, ma 'dice' troppo :'la tovaglia stesa come un sudario' dice ciò che invece avrebbe dovuto far percepire!
Un personaggio riuscito, secondo me, è Nuria; anche la Barcellona così uggiosa, lontana dall'immagine-cartolina, è convincente. Lo scrittore ha dunque delle potenzialità, però l'insieme mi è parso troppo 'costruito, artificioso, compiacente.
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