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Alan Turing
Otto giugno 1954. Alan Mathison Turing, nato il 23 giugno 1912 a Paddington, Londra, viene ritrovato morto nel suo appartamento di Hollymeade in Adlington Road. Presunto suicidio. Causa del decesso; cianuro.
Leonard Corell, ventotto anni, giovane ispettore dell’anticrimine incaricato di seguire il caso, viene immediatamente colto da quell’odore inconfondibile ed indimenticabile che soltanto quel veleno è capace di sprigionare, fragranza a cui sono legati ricordi di un doloroso passato ma dalla quale non deve farsi distrarre. Troppi gli elementi tra loro discordanti. Tutto fa pensare al fatto che possa trattarsi di una morte autoindotta, ma al tempo stesso altrettanti elementi convincono il funzionario di polizia ad indagare, ad andare oltre le apparenze. In primo luogo, si chiede, perché intingere proprio una mela nella tossina? Perché prepararne un intero pentolone e disporre dei cavi quando un morso al frutto sarebbe stato più che sufficiente a causare la morte di qualsiasi individuo?
Inizia così l’analisi e l’indagine di Leonard, tanti tasselli da ricomporre e da mettere insieme in uno scenario tutt’altro che chiaro. Ben presto scopre infatti che Turing nel 1952 era stato condannato per il delitto di omosessualità, reato di grave oltraggio alla decenza così come sancito al paragrafo 11 del codice penale, supplemento alla Legge del 1885 e guarda caso, stesso capo di imputazione con cui venne condannato Oscar Wilde. Altra contraddizione è riscontrabile nel colloquio del defunto con le autorità quando a seguito di un furto e affermazioni annesse questo si è praticamente auto dichiarato colpevole del delitto de quo. Avendo scoperto la gola, così, liberamente, si è offerto a chi doveva offrirgli aiuto e protezione senza vederne la vera essenza di carnefice, circostanza alla quale si somma la tranquillità con cui lo stesso aveva provveduto a rispondere alle domande da questi poste, quesiti ai quali nulla aveva celato e a cui anzi aveva provveduto a rimarcare la sua posizione enunciando il seguente paradosso matematico: “ io mento. Se l’affermazione è vera, è falsa perché la persona mente, ma allora ovviamente è vera perché la persona dice di mentire” (p.70).
E se si considera che Turing, da grande scienziato quale era, stava lavorando ad un “cervello elettronico” capace di pensare “come me e te”, un’invenzione tale da richiamare l’attenzione del mondo comunista così come di altri servizi segreti e al tempo stesso costretto ad assumere per oltre un anno estrogeni, è evidente che in questa presunta volontà di farla finita, qualcosa non torna. Com’è possibile che un uomo tanto intelligente e capace di risolvere equazioni matematiche di elevato grado di complessità e dalle idee talmente rivoluzionarie da attirare l’attenzione dei potenti si sia così deliberatamente costituito per un delitto di cui era ben consapevole della conseguenze, crimine tra l’altro consumato con Arnold Murray, delinquente abituale con il quale aveva instaurato un rapporto basato sul denaro? Com’è possibile che un uomo che aveva prenotato “la macchina” all’università per il giorno seguente, che aveva colloquiato e cercato persone care per incontrarle potesse contemplare una tale ipotesi di morte?
In uno scenario di guerra fredda, pregiudizio e chiusura verso gli omosessuali nonché di retaggi verso gli ebrei, prende campo l’indagine posta in essere da David Lagercrantz, autore ormai noto al grande pubblico per la realizzazione del quarto capitolo della saga di “Millennium” del venuto meno Stieg Larsson. Enigma, tra l’altro, basato sulla matematica, sulla scienza ma anche su quello che è il puro e semplice aspetto umano.
Il testo si presenta avvincente, di facile e scorrevole lettura tanto che si conclude nell’arco di un paio di giorni. Seppur l’autore non riesca a far completamente breccia nel cuore dell’avventuriero, la ricerca della verità incuriosisce sufficientemente chi legge che vuol risolvere e far luce sul mistero.
In conclusione, piacevole, con uno stile molto più fluente di quello riscontrato in “Quello che non uccide. Millennium 4”, a tratti troppo freddo e distaccato. Non un capolavoro, ma sicuramente una buona lettura per chi ama i misteri, i thriller, gli enigmi.
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Commenti
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se non l'hai già visto, ti consiglio "The imitation game", il film su questo strepitoso personaggio.
Io l'ho molto apprezzato.
Fede