Dettagli Recensione
Uno pseudogiallo
Quella con Simenon è stata la mia prima vera esperienza di lettura di un giallo seriale. Ho acquistato un’edizione dell’Adelphi intitolata I Maigret volume uno che contiene cinque romanzi in ordine cronologico ma non immediatamente successivo, il primo dei quali è appunto Pietr il Lettone. Ho scelto tra i cinque quest’ultimo per svariati motivi; innanzitutto è il primo romanzo di Simenon nel quale compare il commissario Maigret, una sorta di episodio pilota, ed è quindi il primo che consiglio di leggere a quanti intendono approcciare a questo autore, ma, con alcune dovute precisazioni. Il romanzo presenta delle particolarità rispetto ai successivi: più che un vero giallo sembra avvicinarsi al thriller/poliziesco toutc ourt. Già dalle prime pagine (dove troviamo il cd. “ritratto parlato” del ricercato) sappiamo chi sia il personaggio sulle cui tracce si trova Maigret e che in un modo o nell’altro (questo posso dirlo senza disvelare nulla) è coinvolto nell’omicidio di turno. In realtà, a tal proposito c’è da dire che ambiguità che si risolvono in tiepidi colpi di scena vi sono, ma ugualmente mancano dei veri e propri punti di tensione che incitano a quella lettura nervosa e compulsiva che caratterizzano il genere, eppure Pietr il Lettone costituisce per un verso l’emblema di una fra tutte le peculiarità che normalmente si associa a Simenon per distinguerlo da altri, ovvero la forte empatia che lega l’autore/protagonista ai colpevoli.
Maigret ci viene presentato come un uomo burbero, di poche parole e dai modi bruschi. Mangia in continuazione e ovunque vada è attratto da fonti di calore quali stufe camini e simili. La dichiarata placidità (quasi pigrizia) associata al carattere del personaggio è contraddetta nei fatti dalla sua grande attività. Il commissario durante le indagini si sposta molto e di continuo, anche se ferito gravemente, anche a costo di non far ritorno a casa propria per giorni. Ha un modo molto particolare di occuparsi del caso: si lascia guidare dall’istinto e pertanto potrebbe piantonare la hall di un albergo per ore pur in assenza di apparente motivo. Ma veniamo al punto: in Pietr il Lettone il motivo della narrazione appare essere –più che il crimine o i crimini commessi- più che la ricerca del colpevole, proprio il rapporto tra commissario/ricercato che qui prende le forme di un acchiapparello sui generis:
“Al punto in cui era la sfida sarebbe stato inutile fare tanti misteri. Maigret riprese il cammino e duecento metri più avanti trovò il Lettone, che non aveva tentato di approfittare di quell’incontro per sfuggire alla sorveglianza. E perché avrebbe dovuto? La partita si giocava su un alto terreno. Gli avversari si vedevano in faccia, quasi tutte le carte erano in tavola.”
Anche se vagamente leziosa ho apprezzato la scena in cui Maigret e l’inseguito si trovano faccia a faccia condividendo una surreale quotidianità; proprio questo è il luogo/non luogo scelto da Simenon per far risaltare il secondo indiscusso motivo della narrazione: la psicologia del colpevole con annesso esame delle ragioni che sottendono la condotta. Anche se quantitativamente non è l’elemento a cui viene dato maggior spazio, qualitativamente parlando è tutto ciò che rimane della vicenda una volta concluso il libro.
Per quel che mi riguarda non credo di essere diventata amante del genere eppure qualche pregiudizio me lo sono tolto. Quella dei Maigret è stata una piacevole esperienza di lettura che pertanto consiglio agli amanti del giallo e ai lettori onnivori e non.