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In lotta con i Pitard e il mare
Se Louis Ferdinand Celine non avesse detto a proposito di Georges Simenon: «Ci sono scrittori che ammiro moltissimo: il Simenon dei Pitard, per esempio, bisognerebbe parlarne tutti i giorni», probabilmente non avrei letto questo romanzo, perché, solo per una sensazione, pensavo che mi sarei trovato di fronte a un’opera assai difforme dalla produzione del narratore belga. In effetti i Pitard è un giallo del tutto atipico, perché l’unico elemento che possa far pensare a una trama di questo genere è un biglietto anonimo che, quasi all’inizio del libro, il comandante Lannec si trova per le mani e che paventa il mancato ritorno al porto di partenza della nave da lui comandata, il Fulmine del Cielo. Questa è un mercantile, con svariati anni dal varo, ma in buono stato che Lannec ha acquistato con il suo secondo e, a fronte di una quota dilazionata del prezzo pattuito, con la garanzia del patrimonio della suocera, la signora Pitard, di cui lui ha sposato la figlia, che a tutti costi è voluta venire a bordo per accompagnarlo in quello che si può definire il primo viaggio della nuova proprietà. La minaccia non è dirompente, ma insinua dubbi, soprattutto in chi, andando per mare, sa di poter andare incontro a tanti rischi. Per quanto i Pitard appaiano sullo sfondo della vicenda sarà il loro comportamento ad accompagnare come un’oscura minaccia la rotta della nave. La presenza a bordo della moglie di Lannec, dal carattere spigoloso, appare già fin dall’inizio una fonte di potenziale conflitto in un ambiente di lupi di mare, che hanno nel sangue un profondo cameratismo. Sarà così un viaggio indimenticabile, un incubo che si palesa con gradualità, alimentato dalle tensioni emotive dei protagonisti e dalla forza bruta della natura. Fra mille difficoltà, incidenti, anche mortali, il Fulmine del Cielo riuscirà a ritornare al porto di partenza, ma per Lannec e il suo equipaggio la vita non potrà essere più quella di prima e resteranno segnati per sempre da un’esperienza che non è da augurare neppure al peggior nemico. La maestria di Simenon è fuori discussione, con quella sua comprovata capacità di sondare l’animo umano, in una fine analisi psicologica che riguarda, oltre il rapporto del comandante con la moglie, anche quello con i suoi uomini. Le atmosfere brumose, le tensioni che si vengono a instaurare sono rese in modo splendido, così come pressoché perfette mi sono sembrate l’ambientazione, con una vita di bordo a cui pare di partecipare, e la descrizione della forza immane della natura, con le onde che spazzano la nave e sembrano volerla ghermire, con gli uomini che, trepidanti, cercano di opporvisi. In certi momenti, nel ricreare il dramma della tempesta che si abbatte sul bastimento, mi sono figurato la scena e ho ritrovato certi spunti epici come nel romanzo di Melville Moby Dick o nel film Master and Commander, diretto da Peter Weir e interpretato magistralmente da Russel Crowe. Non si tratta solo di autosuggestione, ma l’abilità di Simenon è tale da avere l’impressione di rollare con la nave e di andare su e giù, si avverte la stretta allo stomaco degli uomini dell’equipaggio che, stremati, continuano a impegnarsi per salvare le loro vite.
I Pitard, in cui si inserisce anche un elemento di sciocca superstizione, non sarà un thriller in senso stretto, ma è comunque uno di quei libri che non solo si leggono con grande piacere, ma che riescono ad avvincere dalla prima all’ultima pagina. Insomma, ci troviamo di fronte all’ennesimo capolavoro di Simenon.
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Complimenti,
Saluti
Riccardo.