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Gioventù sbandata
Meravigliosamente strutturato, pur apparendo poco credibile in alcuni passaggi, "Confessione" è un romanzo di offesa e rivalsa, in cui la vendetta viene servita secondo tempistiche tipicamente orientali. Quindi seguendo un iter dilatato -perfetto per godersi la lenta agonia dei colpevoli- ordito da una professoressa nei confronti di due suoi alunni dopo che questi si sono macchiati dell'orribile omicidio di una bimba di appena quattro anni. La bimba non è altri che la figlia della stessa insegnante, sconvolta dopo il rinvenimento del corpicino esanime nella piscina dell'istituto scolastico.
Viene così imbastito un crudele gioco del gatto col topo, in cui il racconto si fa monologo a sei voci con i vari protagonisti ad avvicendarsi fornendo la loro versione dei fatti, un po' come accadeva (mi si passi il paragone) nel capolavoro di Akira Kurosawa "Rashomon". Ciò permette una visuale a trecentosessanta gradi, mediante la quale le opinioni del lettore riguardo i personaggi cambiano sensibilmente, modulate da informazioni non più filtrate unilateralmente ma apprese da una versione corale.
L'obiettivo di Minato non è solo quello di costruire un thriller in cui i colpi di scena facciano il loro sporco lavoro: l'autrice intende focalizzare l'attenzione sul Giappone odierno, paese all' apparenza accogliente, evoluto ed esente da gravi problemi. In realtà la struttura sociale del Sol Levante è molto rigida, e spinge alla disperazione e all'alienazione molti ragazzi incapaci di resistere alle sollecitazioni subite da disposizioni educative decisamente ferree.
Per gli adolescenti diventa arduo discernere tra bene e male, cresciuti da famiglie spesso disfunzionali (troppo severe, oppure assenti o iperprotettive), finiscono con il perdere la bussola etica, calpestando la propria morale come l'autrice, abile nell'instillare il dubbio esplicitato nel labile confine tra giustizia e vendetta.
La scrittura apatica e distaccata è a mio modesto parere voluta, come a rimarcare uno spaccato sociale in cui i sentimenti sono soffocati dall'allenamento alla dissimulazione, al non mostrare la propria vulnerabilità in una società molto competitiva in cui solo la macchina perfetta eccelle. La dispersione dell' emotività crea mostri: ributtanti, repellenti, allo stesso tempo fragili, come si evince dai momenti concessi ai loro pensieri. Il quadro generale non è mai manicheo, ma interessante perchè risoluto nel condannare ma attento nell'evitare di cascare nella demonizzazione a prescindere.
Ottimo thriller, si legge tutto d'un fiato grazie al notevole connubio tra impegno sociale e intrattenimento.
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Commenti
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Il film tratto dal romanzo l'hai visto? Davvero notevole!
Ciao, Ale :)
Grazie per la segnalazione!!
Ciao ciao, faye
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Ciao faye