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Fabio Montale.
Marsiglia. Il quarantacinquenne Fabio Montale è un poliziotto disincantato, disilluso, tormentato, con un passato alle spalle che non riesce a scrollarsi di dosso. La sua gioventù di ragazzo allo sbando, indissolubilmente legato ai due amici di sempre, Ugo e Manu, e il reciproco loro amore verso quell’unica donna, Lole, scandiscono le pagine della vita di questo eclettico uomo.
Ugo, dopo anni di lontananza, è tornato in quei borghi di avventure e crescita per svolgere quell’ingrato compito: vendicare Manu, morto tre mesi prima del suo arrivo. Sa che non ha scampo, che dal momento in cui avrà premuto il suo indice sul grilletto, non potrà più tornare indietro, la sua stessa esistenza giungerà al termine. Seppur le loro strade si siano divise, toccherà dunque a Fabio far luce sulle morti dei suoi fratelli non di sangue e su Leila, la giovane araba per la quale prova forti sentimenti e uno sconosciuto senso di responsabilità che per tutto il tempo del loro frequentarsi lo spinge immancabilmente a fare un passo indietro, per proteggerla, per non ferirla, per non distruggerla e farla scappare così come è avvenuto con Rosa e tutte le altre donne che ha amato.
Tanti i tasselli di questa indagine di omicidi apparentemente scollegati, di fatto indissolubilmente connessi in un clima in cui presente e passato si susseguono, si intersecano, si riscoprono. Montale è un personaggio solitario, di poche parole, intuitivo seppur sottovaluto nell’ambito lavorativo, scontroso, incapace di gestire i sentimenti e di vivere nel presente, un uomo le cui passioni non sono altro che le escursioni in barca, la pesca, la buona musica, i giusti alcolici, le donne.
Accompagnato da un perenne senso di malinconia, il romanzo scorre piacevolmente tra le mani del lettore che se lo gusta pian piano, un poco alla volta. Contenutivamente tanti sono i temi trattati, dall’immigrazione algerina all’integralismo arabo, passando per lo xenofobismo, il fascismo e il nazismo, la prostituzione, la droga, i piaceri delle piccole cose, l’amicizia, l’amore, il senso dell’onore e del dovere che nulla ha a che fare con la morale, e molto altro ancora.
Un noir ben strutturato, senza pretese e senza gesta eroiche impossibili.
«Annaffiarle, significava far vivere l’anima del posto. Sei stata tu ad insegnarcelo. Li dove vive l’anima, l’altro è vicino. Avevo bisogno della tua esistenza. Per andare avanti. Aprire le porte intorno a me. Vivevo nel chiuso. Per pigrizia. Ci si accontenta sempre più facilmente. Un giorno, ci si accontenta di tutto E si crede di aver trovato la felicità».