Dettagli Recensione
Prime dolci, nostalgiche, volte
Heaven’s Bay, località fittizia della Carolina del Nord. Estate 1973.
Devin Jones ha 21 anni, è uno studente universitario e per permettersi di iscriversi ad un altro anno accademico decide di trascorrere l’estate lavorando a Joyland. È un parco giochi vecchio stile, lontano dalla mondanità dell’emergente fenomeno Disney World, inaugurato ad Orlando nel 1971, ma ancora in grado di assicurare tanto divertimento.
Mentre la fidanzata, di cui è ingenuamente innamorato, si trasferisce a Boston per quella che ha tutta l’aria di essere una fuga più che un trasferimento, Devin si immerge nel magico mondo di Joyland tra nuove amicizie e bizzarri colleghi di lavoro.
Due anni prima il parco giochi era diventato tristemente famoso per essere stato teatro di un omicidio di una giovane ragazza, Linda Gray. Secondo la leggenda, il fantasma della vittima è rimasto intrappolato nel famigerato Castello del Brivido.
Leggendo la trama di “Joyland”, si rischia di aspettarsi un certo tipo di genere letterario. Il romanzo, al contrario, offre tutt’altro. La componente horror è marginale rispetto a quello che è l’obiettivo di King, ovvero raccontare una storia. Più precisamente una storia di formazione. Quella di un ragazzo ventunenne che nel corso di un’estate diventa un uomo.
E a raccontarcela è lo stesso Devin, nel 2012, in una sorta di diario che ripercorre la magia di quell’estate indimenticabile del 1973.
Nostalgica e struggente è la descrizione degli anni ‘70 della costa Est degli Stati Uniti, tra jeans sdruciti, telefoni a gettoni, i The Doors e i Pink Floyd sulla cresta dell’onda, i parchi giochi e le fiere itineranti che attiravano ancora una moltitudine di pubblico. È una storia di prime volte, tenere e dolci.
Il primo incarico lavorativo, la prima impagabile sensazione di indipendenza, le prime vere esperienze con l’universo femminile.
Nelle retrovie, come un’ombra minacciosa, il fantasma di Linda Gray che chiede giustizia.
Anche per me la lettura di questo romanzo ha rappresentato una sorta di prima volta. È stato infatti il mio primo libro di Stephen King.
E se da un lato la componente horror non sfrutta a dovere le potenzialità che un’ambientazione come Joyland poteva offrire, dall’altro ho divorato le 350 pagine, apprezzandole per la delicatezza e le tante sfumature che King dimostra di saper trasmettere quando scrive storie di formazione.