Dettagli Recensione
La fine...o forse no?
Dopo aver lasciato “sedimentare” un po' i primi due capitoli, dopo aver preso in mano ed abbandonato l'ultimo capitolo “La regina dei castelli di carta” attratta da altro, un po' per il poco tempo, un po' per chissà che cosa, finalmente qualche settimana fa ho ripreso tutto in mano e ho deciso fermamente di arrivare alla fine.
Tirando le somme, posso dire senza indugio che il primo capitolo resta il migliore in assoluto.
Abbiamo lasciato la nostra hacker Lisbeth Salander ferita gravemente con una pallottola alla testa, ferito anche il famigerato Alexander Zalachenko (alias Alex Bodin). Dopo violenze di ogni tipo, sparatorie e inseguimenti vari i due antagonisti vengono portati in ospedale e ricoverati a poche porte uno dall'altra, mentre lo psicopatico Ronald Niedermann è in fuga e lascerà dietro di sé un'agghiacciante scia di sangue.
Artefice del salvataggio di Lisbeth è il solito Mikael Blomkvist, che come tutti gli eroi che si rispettino è sempre al posto giusto al momento giusto, cosa che lo aiuta molto visto cheè è un giornalista d'assalto oltre che amico di Lisbeth.
Posso affermare che in questo volume, dalla ragguardevole mole di più di 600 pagine, non accade granché. Si passa dal ricovero dei due antagonisti, all'assassinio di Zalachenko per mano di un agente segreto sotto copertura (che ben presto viene smascherato e che non è chiaramente il delirante psicopatico malato terminale che sembrerebbe essere), per arrivare sino al processo che vede imputata Lisbeth, assistita dalla sorella di Mikael, processo in cui tutti i vecchi amici di Lisbeth si danno un gran da fare per smascherare la cospirazione ai suoi danni, incriminando la famigerata “sezione speciale” dei servizi segreti svedesi.
Non c'è nulla di più ma il brodo viene allungato (direi al limite della sopportazione) nella prima parte e con un salto indietro di anni per spiegare la nascita della sezione, tanto che il volume è difficilissima digestione almeno sino a pagina 250.
Poi si riprende grazie all'introduzione nella vicenda di un nuovo personaggio oltre al duo Salander-Blomkvist: l'agente Moniga Figuerola, un'altra sorta di wonder-woman dal fisico scolpito, che già al primo incontro con il nostro reporter d'assalto finisce nel suo letto mettendo a rischio tutta l'inchiesta e portando avanti una storia di sesso (o forse amore?) con il nostro allegro reporter...allegro perchè nel frattempo lui continua la sua relazione anche con la ex redattrice di Millenium Erika Berger, amante storica, che è sposata da anni ma da anni tiene anche il piede in due scarpe.
La narrazione prende un po' di vita, se non altro per il fatto che accade almeno qualcosa.
Si arriva al processo, che a differenza di tutto quanto accade prima viene descritto quasi frettolosamente, anche se in modo efficace, e grazie al cielo senza perdersi in miriadi di digressioni, e senza colpo ferire si arriva alla sentenza e all'epilogo.
Nel frattempo Niedermann è sparito dalla faccia della terra e ricompare nelle ultime 30 pagine per fare una fine alquanto scontata.
Ovviamente non vi dirò se la nostra Lisbeth sarà dichiarata colpevole o innocente, ma non serve essere dei geni per intuirlo.
Nel mezzo indagini complicate, pedinamenti, appostamenti, telefoni sotto controllo, scandali vari, Blomkvist che si muove come un moderno James Bond che non si fida di nulla e di nessuno e riesce a seminare i cattivi (che ricordiamolo, fanno parte dei servizi segreti) come se fossero teppistelli alle prime armi.
I buoni sono buonissimi e integerrimi, i cattivi sono cattivissimi e idioti, ricordiamolo, fanno parte dei servizi segreti, ma vengono messi nel sacco esattamente, idem come sopra, come se fossero dei teppistelli alle prime armi.
Il tutto in un ambiente torbido e alquanto mafioso per essere nalla ridente e civilissima Svezia.
Finalmente assistiamo alla fine di innumerevoli e tristissimi pasti tipici svedesi a base di tramezzini e caffè. E a dialoghi intricati, notizie scottanti, rivelazioni più o meno scabrose, la cui conclusione finale è sempre la stessa laconica risposta: “Aha”.
Che posso dire: non mi è piaciuto, ma non mi è nemmeno dispiaciuto, lo stile è quello solito di Larsson, freddo, efficiente, lineare, allunga il brodo molto bene, le pagine avvincono, ma alla fine non resta molto.
Diciamo che in questo romanzo la storia è in funzione dei personaggi, se non ci fossero stati Lisbeth e Mikael sarebbe rimasto ben poco, personaggi comunque sempre e molto uguali e se stessi: il nostro reporter d'assalto che ha una fortuna, ma una fortuna...è sempre nel posto in cui accadono i fatti, ed è immischiato fino alla testa, anche troppo e anche in modo poco credibile.
La nostra hacker con un palmare e un cellulare in mano è in grado di entrare in tutti i computer del mondo, carpire indagini secretate dei servizi segreti, manco fosse Mandrake.
Va letto giusto per arrivare alla fine della trilogia.
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