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"Che immagine hai di te stessa, in realtà?"
La verità è che già da diversi anni avrei voluto leggere la tanto decantata trilogia di Stieg Larsson e se fino ad ora non l'ho fatto è solamente perché, lo riconosco, ho un problema serio con le storie interrotte. Per farla breve devo poter mettere un punto, trovare una conclusione, non mi stimola poter immaginare cosa sarebbe accaduto. Appurato ciò, l'uscita del quarto capitolo ad opera di David Lagercrantz, sul quale non ho commenti da fare essendo ancora solo a metà del secondo libro, è stato comunque il motivo principale che finalmente mi ha spinto ad iniziare la lettura.
Uomini che odiano le donne.
Da umile lettrice e saltuario recensore ritengo che intitolare un libro sia uno dei passi più difficili per uno scrittore; deve essere incisivo e allo stesso tempo riassumere e chiarificare il senso del racconto, ciò che è nascosto all' interno della narrazione e che può essere più o meno chiaro a seconda del libro che si sta leggendo. In certi casi si potrebbe persino identificarlo con la stessa chiave di lettura. Questo primo capitolo della trilogia Millennium è tutto nel titolo. Non è infatti un caso che a solleticare l'interesse del lettore non sia tanto il giallo in sé, quanto una vera e propria inchiesta sotto forma di romanzo dedita a denunciare gli innumerevoli casi di violenza sulle donne che vengono perpetrati senza condanna alcuna in Svezia, e in senso lato per il lettore straniero, nel mondo. Ed è così che attraverso una storia che scorre senza particolari problemi, nonostante una complessa struttura a narrazione multipla e qualche evidente difficoltà nella resa in italiano di alcune espressioni, di cui l'autore ovviamente non ha colpa (apro una piccola parentesi perché mi rendo perfettamente conto di quanto sia difficile per un traduttore cercare di rimanere il più possibile fedele al testo tentando di dare un senso a modi di dire o strutture delle frasi che in un'altra lingua non esistono o semplicemente non si usano, ma d'altronde questo è il lavoro), i protagonisti principali diventano le figure di uomini che usano, abusano, violentano o maltrattano che dir si voglia le donne; il colpevole dunque non è solo quello che viene smascherato alla fine del giallo, ma assume il volto di svariati personaggi che ruotano intorno alla trama. In una simile cornice è impossibile non rimanere affascinati da personaggi quali Lisbeth Salander e Mikael Blomkvist, che alla fine sono un po' due facce della stessa medaglia; entrambi anticonformisti, liberi nella loro sessualità e guidati da una propria morale. Mentre Lisbeth è in qualche modo il prodotto di un mondo sempre pronto a sottomettere e a sfruttare la donna, che è ancora una volta incatenata nell'accezione più negativa dell' essere sesso debole (parlando di Lisbeth non riesco a non pensare ad una frase tratta da un libro di Carlo Dragoni che mi sembra particolarmente esplicativa al riguardo, «E forse sin da allora si rese conto che questa vendetta della donna contro le regole apparentemente inviolabili che la ponevano in posizione di inferiorità, non era conciliabile né con la virtù femminile, né con gl' ideali morali della razza circa la funzione della donna. In realtà era questa una conseguenza necessaria, inerente ad ogni reazione, che tanto sorpassa i limiti quanto più forti sono gli ostacoli che la contrastano.»), Mikael è tutto l'opposto dell' uomo oppressore. Per quanto lo si possa giudicare naif e qualche volta persino un po' superficiale nelle sue relazioni, il suo tratto distintivo è che rispetta le donne, le ascolta, le lascia libere quando non vogliono avere più nulla a che fare con lui, in poche parole e più semplicemente, le ama. Entrambi più che protagonisti sono veri e propri eroi odierni, cosa che non implica affatto che siano perfetti in tutto, anzi, sono proprio le loro insicurezze, le loro debolezze e in generale le loro caratteristiche caratteriali più peculiari, magistralmente portate alla luce dall' autore, che li ancorano saldamente alla realtà.
Concludo questa recensione un po' selettiva nelle tematiche con una citazione del libro che mi ha fatto ulteriormente riflettere su un altro punto: le donne non solo devono essere amate dagli uomini, ma devono anche amare se stesse.
«Mikael rimase a lungo in silenzio. Che devo dire? Sei una ragazza assolutamente normale. Non fa niente se sei un po' diversa. Che immagine hai di te stessa, in realtà? "Ho pensato che eri diversa fin dal primo momento in cui ti ho vista" le disse infine. "E la sai una cosa? Era da un sacco di tempo che non provavo una simpatia spontanea per una persona fin dall'inizio."»
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Complimenti per la recensione e per la chiave di lettura!