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Pietr il Lettone
 
Pietr il Lettone 2015-11-11 20:10:55 catcarlo
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catcarlo Opinione inserita da catcarlo    11 Novembre, 2015
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L'inizio

All’alba degli anni trenta del secolo scorso, esordisce fra queste pagine il commissario Maigret: dotato di pipa, Brasserie Dauphine e moglie amorevole, è però una figura abbastanza diversa da quello della serialità che verrà. Assai più Jean Gabin che Gino Cervi, il poliziotto è qui discendente dalla scuola dei duri proveniente da oltreoceano già a partire dal massiccio aspetto fisico che lo fa apparire una sorta di elefante parcheggiato nel lussuoso hotel Majestic e dalla scarsa loquacità che lo contraddistingue: senza la bonarietà che comparirà in seguito, Maigret percorre una storia molto più noir che gialla con il suo incrociarsi di destini che segnano uomini perduti. Avvisato del viaggio verso Parigi di un famoso criminale internazionale, all’arrivo del treno il commissario trova un uomo morto nella toilette dopo averne visto un altro, ben vivo e somigliante, andarsene: entrambi potrebbero essere il ricercato e così l’unica soluzione è mettersi alle calcagna del secondo che presto mette in mostra una sempre più evidente personalità bipolare. Rischiando di lasciarci la pelle e avendo pietà solo pe le donne maltrattate dalla vita, Maigret finisce per mettere in chiaro ogni mistero in un finale forse eccessivo – l’episodio troppo lungo sugli scogli di Fécamp – ma di notevole impatto emotivo, oltre che duro in modo insolito per chi l’ha conosciuto dalle indagini successive. E’ inoltre impossibile non notare come tra le fila dei cattivi ci siano siano in pratica solo degli stranieri: lo sguardo che indaga spietato sulle loro vite – fatte di pulsioni mediocri in balia dell’avidità – è però lo stesso che lo scrittore utilizzerà per analizzare senza scampo la società francese (o, più in generale, il consorzio umano se consideriamo anche i romanzi ‘statunitensi’) nei libri che verrranno. Del resto, lo stile è perfettamente maturo, benchè Simenon abbia scritto il libro a venticinque anni, tanto che nel corso del tempo gli è bastato affinare la capacità di descrivere una persona in poche frasi o un paesaggio – meglio se piovoso o, quantomeno, intriso di umidità – grazie a rade pennellate che mettono in risalto particolari che, a loro volta, restituiscono con precisione l’insieme almeno dal punto di vista emotivo. In più c’è, ovviamente, un’abile costruzione che porta l’intreccio a calamitare l’attenzione malgrado la vicenda appaia – specie all’inizio – lontana dalla vita di tutti i giorni: le pagine si girano volentieri e la rassicurante presenza di Maigret nonè l’unico motivo.

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